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Messia o pazzo? - Capitolo 1/14: Fare impazzire Paulette

Di Bent Corydon e Ron Hubbard, Jr. (alias Ronald DeWolf)
© 1987 Lyle Stuart Inc. Secaucus, New Jersey, ISBN 0-8184-0444-2

© Traduzione in italiano a cura di Simonetta Po, 2003-2004

 
Tra il materiale sequestrato dai federali alla Chiesa di Scientology compariva un documento intitolato "Fare impazzire P.C." in cui si davano i dettagli di un programma per fare incarcerare o istituzionalizzare Paulette Cooper, giornalista di New York e autrice di un libro intitolato Lo Scandalo Scientology [1]. Il libro conteneva tra l'altro una intervista a L. Ron Hubbard Jr. e rivelava i collegamenti di Hubbard con la "Black Magic" e Aleister Crowley. Era la prima volta che argomenti di questo tipo venivano trattati in un libro. Come indicano le prove Hubbard decise di fermare il libro e intimidire altri autori ed editori.

Prima delle irruzioni del 1977 Paulette Cooper aveva dovuto affrontare accuse di illeciti penali mossele dal FBI. Era stata incastrata dal Guardian's Office di Hubbard. I documenti sequestrati dai federali lo dimostrarono in modo definitivo.

Parlando delle infiltrazioni al governo trattate nel capitolo precedente, alcuni potrebbero pensare agli agenti di Hubbard come a David scientologici che si erano presi gioco del governo Golia; al contrario in questo progetto potrebbero essere visti come un Golia che allegramente schiaccia David sotto i piedi: dei sadici spacconi.

Paulette Cooper testimoniò su quegli eventi ad una serie di udienze su Scientology tenuta nel 1981 dal Consiglio Municipale di Clearwater:

Il mio interesse fondamentale è come giornalista; mi piacciono le vicende investigative... avevo girato intorno al gruppo in cui insegnavano il particolare... TRs, così lo chiamavano, ed avevo trovato un elenco di persone - non ricordo di sicuro se si trattava di un ordine Fair Game ma credo lo fosse, perché quella gente era stata dichiarata nemica dell'umanità.

Ricordo che sull'ordine c'era il nome di una donna che veniva dichiarata nemica dell'umanità per aver spinto cinque uomini giù dalle scale. Ma in che modo avrebbe potuto farlo? Semplicemente non sembrava una cosa vera.

Così quando tornai a casa decisi di contattare alcune di quelle persone. Avevo preso i nomi di cinque persone, le cinque in cima alla lista, e a fianco di ognuna era riportato un numero di telefono che risultò poi staccato e non in elenco.

Beh, eravamo nel 1968 e Scientology attraeva ragazzi di 22 o 23 anni. E quei numeri di telefono non in elenco mi sembrarono strani, a meno che non ci fosse una ragione precisa per farli togliere. Così iniziai a chiedermi: questa cosiddetta rispettabile chiesa non starà per caso molestando la gente? Quello stesso fine settimana avevo anche notato che avevano mentito su certe cose, e iniziai a chiedermi perché una chiesa dovrebbe mentire. Così decisi di dare un'occhiata in biblioteca per vedere di trovare qualche informazione, qualche libro. E scoprii che erano stati tagliati via gli articoli da ogni singolo giornale o rivista in cui si nominava Scientology. Mi chiesi se per caso questa chiesa non stesse forse rubando.

Bene, nei due anni successivi condussi ricerche su Scientology.

Il mio primo articolo uscì nel dicembre del 1969. Quello è anche il mese in cui ricevetti la prima minaccia di morte. Poi successero numerosi eventi misteriosi, sia in quel periodo che nel successivo anno e mezzo prima dell'uscita del mio libro. Venni seguita in diverse occasioni; trovammo una cimice nel mio telefono; già all'epoca ero stata querelata in più di un'occasione. E ricevevo telefonate di gente che ce l'aveva con me, sembrava come se cercassero di arrivare a me. Tutto questo proseguì per quattro spiacevoli anni, comprese quattro cause legali di cui una per il libro di qualcun altro. E quando successe mi seccai parecchio. E fui la prima persona che li denunciò per molestie.

Per loro fu davvero uno shock perché Hubbard aveva detto che un nemico... che nessuno li avrebbe mai denunciati, che essi [i nemici] avevano troppe cose da nascondere ed erano dei criminali (chiunque attaccasse la chiesa) e pertanto sarebbero semplicemente appassiti e poi morti...

Bene, all'incirca nell'ottobre del 1972 iniziarono una grande campagna per farmi tacere definitivamente, o almeno cercare di fermarmi. Quel mese ricevetti la seconda di ciò che alla fine furono cinque lettere diffamatorie anonime e assolutamente disgustose. Quella, in particolare, mi chiamava prostituta part time...

In quello stesso periodo si verificarono numerosi tentativi di penetrare nel mio appartamento - situato al pian terreno. L'edificio in cui vivevo non era ben sorvegliato e mi preoccupai molto. Ricevevo un numero incredibile di telefonate davvero disgustose, un giorno ne contai undici...

Alla fine decisi che dovevo trasferirmi in un edificio che garantisse una maggior sicurezza, anche se all'epoca non potevo veramente permettermelo. Traslocai il 15 dicembre. Una mia seconda cugina subentrò nel vecchio appartamento. Fisicamente ci somigliamo molto, abbiamo la stessa età e siamo entrambe minute, e in quel periodo avevamo i capelli castani e corti.

Si verificò una serie di eventi piuttosto misteriosi. Il più eclatante fu quando mia cugina aprì la porta a qualcuno che doveva consegnare dei fiori: io non vivevo più lì, ma sul campanello c'era ancora il mio nome. Quando Joy aprì la porta il tizio estrasse dai fiori una pistola, gliela puntò alla tempia e tirò il grilletto. Non sappiamo se l'arma si inceppò, se era scarica o se si trattava di una tattica intimidatoria, comunque l'arma non sparò.

L'uomo allora iniziò a strangolarla, ma mia cugina riuscì a scappare ed iniziò ad urlare. Il tizio corse via. Joy chiamò la polizia e il detective le disse «è un'aggressione davvero selvaggia perché sembra essere del tutto immotivata». Non ci furono tentato stupro, tentata rapina, perché qualcuno avrebbe dovuto improvvisamente cercare di ucciderla?

Circa una o due settimane dopo si presentarono a casa mia due agenti del FBI che mi informarono che l'addetta alle pubbliche relazioni di Scientology sosteneva di aver ricevuto due minacce minatorie e chiedeva... e aveva fatto il mio nome come possibile mittente. Non presi la cosa molto sul serio. Gli agenti mi chiesero se potevano prendermi le impronte digitali e accettati.

[In seguito] venni convocata dal Gran Giurì... pensai che non si trattasse di qualcosa di serio e non mi preoccupai di assumere un legale, ero praticamente al verde perché avevo speso tutto per trasferirmi nel nuovo appartamento meglio sorvegliato.

All'udienza mi informarono che ero indagata per le minacce minatorie. Quindi dovetti assumere un legale, e tutti gli avvocati chiedevano - l'anticipo minimo sull'onorario che mi venne richiesto fu di 5.000 dollari, che sarebbe come dire 10.000 al giorno d'oggi. E dover improvvisamente pagare tutti questi soldi e scoprire di essere in guai seri...

Alla fine mi presentai al Gran Giurì e cercai di rispondere ad ogni domanda... continuavano a chiedermi «Ha mai visto questa lettera? L'ha mai toccata? Sa chi potrebbe averlo fatto?». Dissi di sentire dall'addetta stampa di Scientology...

Poi mi chiesero di uscire dall'aula. E quando lo feci capii di essere in guai molto seri. Mi chiesero il mio numero della sicurezza sociale, se mi drogavo, se ero consapevole delle risposte che avevo dato. E mi fecero di nuovo la stessa serie di domande. Alla fine mi dissero «Bene, Signorina Cooper, se non ha mai toccato questa lettera potrebbe dirci come mai ci sono sopra le sue impronte digitali?».

Mi sentii come se mi fosse appena caduto in testa un pianoforte. Mentre mi sedevo ebbi uno svenimento; la stanza iniziò a girarmi intorno. E poi, naturalmente, gli avvocati mi chiesero altri soldi.

Nel maggio - lasciatemi controllare, il 19 maggio 1973 - venni imputata di tre capi d'accusa per minacce minatorie a mezzo posta; due capi d'accusa riguardavano due lettere, e il terzo era per falsa testimonianza, per aver dichiarato davanti al Gran Giurì che non l'avevo fatto, e che pensavo che le lettere fossero state inviate da chi mi accusava. Il 29 maggio, dieci giorni dopo, venni arrestata e accusata.

Gli otto mesi successivi furono un incubo terribile di cui pago ancora le conseguenze. Rischiavo quindici anni di galera e quindicimila dollari di multa. L'idea della prigione mi paralizzava, forse per la mia corporatura esile e il fatto che avevo sentito dire che le prigioni federali femminili sono molto dure.

Rischiavo di vedere totalmente distrutta la mia carriera - e stavo avendo successo. Come giornalista e scrittrice freelance, quale editore avrebbe assegnato incarichi a qualcuno che era stato imputato o accusato di aver mandato minacce minatorie a degli oppositori?

Ero molto preoccupata per l'imputazione, e i giornali iniziavano a parlare del processo. Il pubblico non conosce la differenza tra imputazione e condanna, e pensa che se sei sotto processo per qualcosa devi averlo fatto, vale a dire che dove c'è fumo c'è arrosto. Vissi la terribile umiliazione pubblica di sapere che tutti i miei conoscenti di New York avrebbero letto i dettagli del processo e quelle accuse.

Ero preoccupata in particolare per i miei genitori che mi avevano adottata all'età di sei anni, e a come sarebbe stato umiliante per loro e per gli amici dover spiegare e sopportare un processo come quello.

In quel periodo caddi in una profondissima depressione e numerosi amici mi abbandonarono, cosa di cui non li incolpo. La mia compagnia era deprimente. Da cinque anni uscivo con un uomo e dovevamo sposarci, ma mi lasciò a causa della mia depressione.

Venni rilasciata su cauzione. Attraversai un periodo di ansia acutissima... riuscivo ad addormentarmi solo verso le quattro di mattina ma mi svegliavo alle sei con lo stomaco in gola, preoccupata per ciò che mi avrebbe portato il nuovo giorno e che cosa sarebbe successo all'udienza. Tutto questo si protrasse per otto mesi. Ero totalmente esausta, non riuscivo a dormire più di tre o quattro ore al giorno...

Tutti i miei soldi se ne andarono in avvocati e mi indebitai per cercare di continuare a pagarli. Alla fine, solo per gli avvocati principali spesi 19.000 dollari...

Sviluppai una forma acuta di agorafobia: non riuscivo ad uscire di casa. Credo che la cosa fosse iniziata con il tentato omicidio che pensavo fosse diretto a me...

In tutti quel periodo ebbi vicino un amico, un nuovo amico incontrato in circostanze abbastanza misteriose, ma era una persona che mi aiutava molto. Ero riuscita ad ottenere per lui un appartamento nello stesso stabile, e mi faceva la spesa e cucinava perché io non ce la facevo. Il suo nome era Jerry Levin...

Il periodo peggiore furono le due settimane prima del processo. I miei avvocati mi avevano informata che, trattandosi di un caso federale, c'era il 95% di probabilità di essere condannata. Mi diedero la bella notizia che al processo volevano i miei genitori seduti in prima fila, avrebbero dovuto assistere all'intero procedimento. Continuavo a dire «Non potete fargli questo. Già sarà terribile leggerlo sui giornali...». Ma loro pensavano che una delle circostanze che potevano farmi assolvere era lo strettissimo rapporto con i miei genitori.

Oltre a tutto questo, mentre sfogliavo del materiale Scientology che mi avevano dato trovai il nome di Jerry Levin. Mi sentii terribilmente tradita, ma allo stesso tempo rifiutai di crederci. Ero molto ingenua e il suo era un nome molto comune, soprattutto in una zona come quella di New York.

Intanto avevamo tentato ogni singola mossa per cercare di fermare il processo. E - ma ero in uno stato nervoso terribile e per me era impossibile essere esaminata correttamente. Avevamo consultato alcuni medici che avevano detto che secondo loro l'unica cosa che poteva funzionare era... il sodio pentotal, detto anche "siero della verità"... ma il problema era nessun medico voleva sottopormi al test del sodio pentotal perché ormai ero ridotta a 40 chili; quando la vicenda era iniziata ne pesavo 49. Così, come nel caso di un'operazione, diventava molto pericoloso.

Dissi che non mi importava, non mi importava se il sodio pentotal mi avesse uccisa perché se dovevo essere processata per qualcosa che non avevo commesso, umiliare tutti e vivere tanta umiliazione, sarei morta in ogni caso, e alla svelta.

Infine due settimane prima del processo trovammo un medico che mi fece il test del siero della verità. Rimasi in stato di incoscienza per sette ore. Non so che cosa venne detto in quel lasso di tempo, ma so che quando ripresi conoscenza avevo vicino mia madre. Le chiesi «che è successo? Che cosa ho detto?». Mi rispose «Va tutto bene. È finita. Non ci sarà un processo».

Il governo voleva salvarsi la faccia perché non ama ammettere di aver sbagliato. Così dissero che ... avrebbero rimandato il processo, ma non lasciarono cadere subito le accuse. Per altri due anni dovetti preoccuparmi quotidianamente del fatto che forse da un giorno all'altro mi avrebbero processata e che tutte quello che temevo, la prigione eccetera, sarebbe diventato realtà.

Paulette Cooper continuò il suo racconto narrando le molestie subite nei due anni successivi. Iniziò a ricevere copie di una lettera che aveva scritto a diciotto anni, e una copia di una perizia psichiatrica (rubata dall'ufficio del suo psichiatra da un tale Sig. Dardano quando era agente del Guardian's Office. Anche Dardano, avendo nel frattempo lasciato Scientology, testimoniò alle udienze di Clearwater).

Le accuse contro Paulette Cooper vennero ritirate nel 1975.

Nell'estate del 1977, a seguito della testimonianza di Mike Meisner, i federali fecero irruzione nelle sedi di Scientology.

Il racconto di Paulette:

Il 12 ottobre 1977 ricevetti una telefonata dal FBI. Tenete a mente che per cinque anni non ero riuscita a dimostrare la mia innocenza; il governo mi considerava una criminale. Avevo una "fedina penale".

E improvvisamente mi telefonano i federali e dicono: «abbiamo appena ricevuto prove che lei è totalmente innocente».

Posai il ricevitore e scoppiai a piangere...

****
Paulette Cooper apprese inoltre dal FBI che gli scientologist erano penetrati nell'ufficio del suo legale di New York.

Riuscì a vedere i documenti sequestrati soltanto nel 1979, quando un giudice ne rese pubblici circa 23.000. Tra di essi ce n'erano due che chiarivano totalmente il fatto che era stata incastrata in modo criminale.

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Venne rinvenuto un documento che indicava che si era presa in considerazione l'idea di usarle contro la mafia, ma poi si era invece deciso di incastrarla «in modo che Scientology non faccia brutta figura».

Un altro documento dimostrava che Jerry Levin, il ragazzo che la "aiutò" durante i mesi peggiori, inviava rapporti giornalieri a Scientology. In uno di essi Levin raccontava quanto la Cooper fosse prossima al suicidio: «Non riesce più a dormire... parla di suicidio. Non sarebbe grandioso per Scientology?!».


per approfondimenti si veda: Il diario delle molestie, P. Cooper, 1982, riv, 1997


Note:

1. Si veda: Lo Scandalo Scientology, trad. 1998 a cura di Allarme Scientology.

 
 
 
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