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Il limbo di Dianetica: un documentario sull'Immortalità -
Seconda Parte: la Fondazione di Wichita

Di Helen O'Brien, Whitmore Publishing Co., Copyright © 1966 di Helen O'Brien - Tutti i diritti riservati.

© Traduzione in italiano e note a margine a cura di Simonetta Po, 2006

 
Nel maggio del 1950 era stata aperta a Elizabeth, New Jersey, una Hubbard Dianetic Research Foundation, divenuta poi il quartier generale di L. Ron Hubbard. Altre sedi furono aperte quasi immediatamente a New York, Chicago, Washington, DC, Hawaii e Los Angeles. Venivano offerti corsi di auditing "professionale" e costosa terapia.

La Fondazione era un'entità no profit il cui scopo statutario era quello di "studiare e condurre ricerche nel campo della mente e del pensiero umano in azione". L'associazione era aperta a tutti al costo di 15 dollari l'anno e dava diritto a ricevere un Bollettino dell'Auditor di Dianetica pubblicato a cadenza mensile. I primi due bollettini elencavano come direttore medico il Dottor Winter [1], ma già sul terzo il suo nome non figurava più tra i funzionari e i fiduciari.

Al momento del boom della prima Fondazione di Dianetics ero soltanto una timorosa outsider con tessera annuale, ma da allora ho appreso molto. Qualche anno fa un uomo che era stato un importante membro del gruppo fondatore mi disse di aver conservato le copie delle registrazioni contabili del periodo, documenti che lo avevano convinto a rinunciare in fretta alla tessera della Fondazione di Elizabeth. In un mese erano state registrate entrate per 90.000 dollari, ma ne erano stati contabilizzati soltanto 20.000. Quell'uomo fu uno dei primi, assieme al Dottor Winter, a rassegnare le dimissioni, ma sospetto che Winter fosse rimasto turbato soprattutto dal modo sconsiderato in cui tecniche che potevano sconvolgere profondamente il soggetto venissero usate da personale non qualificato.

La Fondazione di Elizabeth e le sue diverse sedi chiusero i battenti prima dell'estate del 1951 e solo il sostegno finanziario di un imprenditore di Wichita permise a L. Ron Hubbard ed alla sua scienza della mente di trovare posto sulla carta geografica. Ma all'epoca solo pochissimi erano al corrente dei dettagli degli eventi. Noi sapevamo soltanto che la Hubbard Dianetic Research Foundation si era trasferita in Kansas.

Dopo dieci mesi da preclear avevo deciso che era giunto il momento di diventare una auditor professionista, così presi un aereo per Wichita. Avevo subaffittato la casa di Mole Street e le mie uniche risorse erano costituite dai 1500 dollari che avevo appena preso a prestito da una banca. Tuttavia la mia fiducia nel futuro era totale. Ad un certo punto del volo uno dei motori dell'aereo entrò in avaria, ma la mia unica reazione fu pensare che i miei compagni di viaggio erano fortunati ad avermi a bordo, visto che non avevo alcuna intenzione di morire in quel momento.

Il riposo e la vita semplice, e il fatto che mi fossi liberata dalle responsabilità, avevano indubbiamente contribuito a sollevarmi lo spirito e a farmi sentire in splendida forma, sensazione che mai avevo provato con tanta intensità. Ma era importante anche il mio senso di equilibrio spirituale. Mi sentivo come se fossi appena emersa da un oscuro tunnel per ritrovarmi in un mondo luminoso e familiare. Fino a quando non mi ci abituai, la sensazione di essere ... come dire... immortale? fu sufficiente a mantenermi luminosamente felice. Un conto è essere intellettualmente convinti della probabilità di una cosa, un altro è averne una realtà soggettiva, priva di ipocrisie e moralismi.

La mia consapevolezza si stava spostando sia nel tempo che nello spazio con la stessa naturalezza con cui si sbrigano commissioni nel quartiere. Sembravano non esistere altre barriere se non i blocchi mentali e, nel mio caso, essi erano stati rimossi con la lettura di Dianetics e con la presenza di un auditor.

Nel 1952 Hubbard lo aveva spiegato in questo modo:

Per quanto riguarda il punto di consapevolezza che chiamate mente, non esistono ragioni per cui non la possiate estendere - non solo attraverso questa galassia, ma per tutto l'universo. Non esistono limiti a quanto la mente possa espandersi, o a quanto piccola possa diventare contraendosi. Ma forse potreste trovare più pratico concepire voi stessi nelle dimensioni di questo pezzo di universo fisico, il vostro corpo. E mentre l'universo fisico sta marciando in modo piuttosto gravoso e conforme nel tempo, abbiamo eletto come "adesso" un punto in quel lasso del tempo, e ci siamo trovati d'accordo nel dire che è adesso, e che noi tutti viviamo adesso.
§§§§§

Una bufera di neve ci aveva inchiodati a Chicago, e arrivammo a Wichita soltanto dopo mezzanotte. Scesi al mio albergo e il mattino successivo, dopo colazione, percorsi Douglas Avenue fino alla nuova sede della Hubbard Dianetic Research Foundation. Il suo patrono e presidente era Don G. Purcell il quale, assieme alla moglie, aveva fatto il corso a Elizabeth. Era stato lui a correre in soccorso di L. Ron Hubbard e di Dianetics quando entrambi si erano trovati in serie difficoltà.

Mi avvicinai al portone, incuneato tra due vetrine, con la sensazione che si trattasse di un momento fondamentale della mia vita. Per i dianeticisti quell'edificio rappresentava la Mecca. Pubblicazioni come il Bollettino dell'Auditor Professionista e i libri di Hubbard venivano stampati qui, e molto probabilmente ne avrei conosciuto personalmente l'autore.

L'edificio era una specie di magazzino convertito agli usi di dianetica con l'erezione di numerosi tramezzi, e quella domenica mattina era praticamente deserto. Quando aprii la porta mi ritrovai in una piccola e graziosa reception; le sole persone presenti erano altri due futuri studenti. Uno di essi era John Henry Neugebauer, un artista dai capelli castano chiaro e gli occhi azzurri soprannominato Noyga. Per un'oretta mi parlò della gente di Wichita e degli eventi in corso, mentre il suo compagno vagava nel grande edificio vuoto, diviso in piccoli uffici e stanze di auditing che si aprivano su corridoi lunghi e stretti. Al secondo piano vi era un auditorio in cui si svolgevano le lezioni, e in cui ogni settimana L. Ron Hubbard teneva una conferenza, l'unica attività della Fondazione a cui partecipasse, salvo la firma dei diplomi.

Per caso o per coincidenza l'incontro con Noyga mi fece davvero ingranare un'altra marcia e i fatti che lo riguardano fanno parte di questo racconto, sebbene li abbia appresi soltanto in seguito. Il giorno del nostro incontro le sole cose che mi disse di sé furono che lui e il suo amico provenivano dalla stessa città del New Hampshire ed avevano lavorato alla Boeing per raggranellare il denaro sufficiente per pagarsi i due mesi di permanenza a Wichita e la quota di 500 dollari del corso. Avevano raggiunto l'obiettivo e, disse, era lì per iscriversi come studente.

Durante la guerra Noyga aveva avuto un esaurimento nervoso e viveva in uno stato di grande disperazione, accompagnato costantemente da una nuvola nera che però non esplicitava mai la sua minaccia. Era una persona di una delicatezza rara, gentile nel modo in cui solo i bambini sanno esserlo. Viveva consapevole di non essere troppo in comunicazione con il tempo presente, e quando ciò succede, chi ha le sue qualità e la sua essenza acquisirà la tempra dell'acciaio.

Nel 1943 John aveva rinunciato alla scuola di architettura e si era arruolato in Marina. Dopo l'addestramento aveva lavorato per diversi mesi come radarista su un cacciatorpediniere di stanza nel Pacifico meridionale. Poi la Marina lo aveva rispedito negli Stati Uniti, a Yale, per la scuola ufficiali. Fino a quel punto la sua carriera militare e civile era stata limpida e di successo.

Ma lo scatenarsi improvviso delle tensioni accumulate, accaduto quasi nel giro di una notte, era stato evidentemente troppo repentino. Ritrovarsi studente pochi giorni dopo aver sepolto con un bulldozer montagne di cadaveri nemici su un'isola del Pacifico lo aveva lasciato prostrato, quasi che la vita non avesse più senso. John era caduto in uno stato di profonda apatia ed era stato ricoverato in un ospedale militare. Poi era stato dimesso e congedato con onore, ma non del tutto guarito.

Tornato alla vita civile il suo talento e la sua intelligenza gli avevano permesso di trovare con facilità impieghi creativi, ma prima o poi arrivava a un punto morto in cui riemergevano i traumi della guerra, e ripiombava nell'oscurità.

Dopo il primo attacco aveva imparato a riconoscerne i sintomi, e quando li sentiva avvicinarsi affrontava l'agonia a viso aperto, senza mai lasciarsi abbattere del tutto. E quello era il soprannome che si era scelto, Noyga, l'anagramma di agonia. Si trattava di un gioco privato, in parte autoironico, in parte di sincero divertimento alla sua strana impotenza davanti alla condizione che lo affliggeva.

Era venuto a conoscenza di Dianetica quando vendeva disegni alla rivista di fantascienza che per prima la aveva annunciata. Dopo aver letto il libro aveva capito che per lui c'era qualche speranza, e Dianetica gli offriva quella speranza. Aveva deciso che se anche quella strada avesse fallito si sarebbe ritirato nell'ordine monastico più rigido che fosse riuscito a trovare, e lì avrebbe concluso i suoi giorni. Non era una questione di religione e credo che se non ci fossimo incontrati lo avrebbe fatto sul serio.

Centinaia di ore di procedimenti dianetici, iniziati a maggio del 1950, non avevano risolto i suoi problemi, nemmeno quando ad audirlo era Hubbard in persona. Evidentemente nella sua mente reattiva c'era l'idea fissa che l'esplorazione di quei traumi sarebbe stata troppo pericolosa.

Gli psichiatri della Marina, veri luminari nel loro campo, lo avevano restituito alla vita civile ancora vittima di quella minaccia, dopo aver esaurito tutte le loro conoscenze. E nemmeno Dianetics riuscì a liberarlo da essa. La sua essenza umana era in pericolo e non sembrava esistessero mezzi per redimerla.

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Il lunedì mattina presto arrivai alla Fondazione e mi iscrissi al corso. Gli incaricati erano Purcell, Maloney, Lamoreaux e David McLean, il direttore dei procedimenti, un giovane padre di famiglia. Erano tutti uomini istruiti e di bell'aspetto - i tipi che ci si aspetta di trovare in ogni impresa ben gestita.

Pagai i 500 dollari e venni iscritta come studente. Non mi diedero libri o dispense, nemmeno un curriculum. Ma ora ero autorizzata a seguire per due mesi le "lezioni" del mattino e a fare co-auditing con gli altri studenti nel pomeriggio.

Venni accompagnata al piano superiore nella sala conferenze, dove gli iscritti si radunavano ogni mattina. Era una sala abbastanza grande piena di sedie con il bracciolo per scrivere, allineate alla parete numerose altre sedie pieghevoli che venivano usate una volta la settimana, quando il locale si riempiva di persone venute ad assistere alle conferenze gratuite di Hubbard.

McLean ci teneva ogni mattina una specie di lezione, a volte ci faceva ascoltare un nastro di una conferenza di Hubbard. Altre volte Dave parlava un po' poi lasciava che la classe discutesse. Eravamo il gruppo più eterogeneo che avessi mai visto. L'età dei partecipanti spaziava dai diciassette ai settant'anni, l'abbigliamento e i manierismi dal più povero e rustico montanaro degli Appalachi alla società internazionale. Laureati trovavano in Dianetics motivo di interesse comune con chi non aveva nemmeno terminato le scuole medie. La razza umana è straordinaria quando lasci che la sua realtà lieviti di speranza.

Nel gruppo non vi erano medici, solo un chiropratico della Florida, rappresentante dell'organizzazione nazionale della categoria, e una meravigliosa osteopata del Sud Dakota, una delle professioniste più dedicate che abbia mai conosciuto.

Il compito di McLean era arduo, visto che dalla comparsa di Dianetics un anno e mezzo prima Hubbard aveva continuato a fare esperimenti e a cambiare le tecniche di auditing. Immagino che la cosa fosse inevitabile perché le sue intuizioni abbracciavano un campo vastissimo. Nessuna scienza si è mai sviluppata dal programma di rottura di un solo uomo. Ero stata studentessa di un grande maestro che, nei suoi insegnamenti, poteva attingere alla ricchezza accumulata dal pensiero di intere generazioni. Ma anche in quel caso si avvertiva il suo senso di inadeguatezza poiché riteneva che i suoi insegnamenti non rendessero giustizia alla vastità dell'argomento.

Dianetics aveva irradiato certezze. Era stata presentata in termini assoluti. Ora, sebbene i concetti di base fossero rimasti immutati, le procedure che l'auditor doveva seguire cambiavano a cadenza settimanale. Il mio gruppo era confuso, come confuso era il nostro istruttore. Parlando in confidenza tra noi riconoscevano con imbarazzo che tutte le affermazioni di una "cura" facile si stavano dimostrando false. Sul bancone della reception era stato posto un grosso contenitore di vetro per gli occhiali di cui la gente avrebbe dovuto liberarsi dopo i procedimenti dianetici. La sola cosa che vi vidi mai dentro fu un accendino, lasciato da qualcuno che aveva smesso di fumare.

Quando le inconcludenti lezioni del mattino avevano termine era un sollievo per tutti. Dopo pranzo gli studenti si ritiravano nelle stanze del co-auditing, e tutti erano molto più rilassati. Ogni stanza conteneva un lettino, una sedia e un tavolo. Gli ambienti erano quasi tutti piuttosto piccoli, ma alcuni erano più spaziosi. Questi ultimi erano riservati agli auditor dello staff, anch'essi ormai confusi come tutti gli altri su come si dovesse condurre una seduta, nonostante lavorassero con preclear che pagavano prezzi elevati per ricevere auditing professionale.

L'abbandono costante di tecniche precedenti aveva generato un fenomeno interessante: a volte sentivamo dire di qualcuno, di solito un medico (c'erano molti medici iscritti alla mailing list) che adottava sobriamente qualche aspetto del colorato caleidoscopio dianetico e lo incorporava con profitto nella sua arte di guarigione.

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Ad aumentare la confusione generale arrivò la decisione di Hubbard di lanciare un progetto che non trovava giustificazione né nell'efficacia delle sue terapie né nella comprensione del loro uso. Fece infatti pubblicare annunci sui giornali in cui invitava i sofferenti di artrite a iscriversi alla Fondazione per una serie di trattamenti gratuiti. Si presentarono diverse persone per una settimana di sedute pomeridiane con auditor studenti.

Per quanto ne so la mia paziente fu l'unica a mostrare un qualche miglioramento, dovuto soprattutto alla fortuna perché si trattava di una giovane donna di tono molto alto e particolarmente auto determinata, e il suo caso di artrite acuta aveva origini molto recenti. Non aveva mai sentito parlare di dianetica.

In verità io stessa mi stavo chiedendo che cosa fosse esattamente dianetica, nonostante l'esistenza di una fondazione e di un'associazione nazionale con un grosso seguito. Quanto più mi avvicinavo al suo nucleo, tanto più nebuloso esso diventava.

In tutto il paese c'era gente convinta di essere esperta della materia. Davano comandi ai preclear con una sicurezza che a volte soddisfaceva i loro bisogni e aspettative. Il corso per auditor professionista era stato lanciato nel maggio del 1950 e questi personaggi, dopo averlo fatto, finivano per diventare l'autorità di riferimento presso il locale gruppo di dianeticisti dilettanti. In fondo, perché no? La richiesta di "consulenti mentali" era forte. Quei dianeticisti della prima ora si attenevano agli insegnamenti originali, erano scesi dal carro di Hubbard quando questi aveva iniziato a presentare le sue teorie più sensazionali; quando lavoravano con i pazienti avevano cura di non toccare cose che non fossero in grado di gestire. Immagino che fosse successo a tutti di spaventarsi davanti a ciò che può uscire in seduta, e sono certa che stessero attenti a non ripetere l'errore.

Comunque noi cercavamo di mantenere uno standard di onestà intellettuale attenendoci alle teorie di base della mente e, quando si trattava di terapia, ci si rifugiava nella parziale accettazione di alcune idee, adottando una linea di "aspettiamo prima di giudicare". Contavamo sul fatto che negli individui sani esiste un impulso alla sopravvivenza che collaborerà con l'auditor. Tutti noi elaboravamo una tecnica per sfruttare al meglio quell'impulso in base alle nostre esperienze personali. La mia era un'esperienza tipica che nel caso della giovane donna con l'artrite ai piedi si dimostrò adeguata.

La cosa più importante che feci con lei fu di non fare nulla salvo mostrare quanta fiducia avessi nella sua intelligenza. Si sdraiava comodamente sul lettino e io mi accomodavo in una poltrona in pelle dai braccioli di legno, luci soffuse e un'atmosfera amichevole e rilassata, ma soprattutto tranquilla e senza fretta. A volte dirigevo la sua attenzione sui suoi piedi malati o le chiedevo di tornare a qualche episodio del passato. Da parte mia non vi era assunzione di autorità, ma solo sicurezza in quanto stavamo facendo, e sicurezza nei suoi confronti. Avevamo fatto appena poche sedute quando la mia preclear si trasformò in un fiume in piena. La sua vivace intelligenza prese il sopravvento e iniziò a collegare i propri problemi del tempo presente a eventi del passato, entusiasta della comprensione che stava avendo delle cose - iniziò a ridere di ciò che fino a un attimo prima le aveva provocato disperazione. Era la "personalità fondamentale" di cui parlava Hubbard. Rimasi tranquilla in silenzio.

Verso metà settimana divenne molto seria. Senza bisogno di spronarla si rivolse a memorie del passato nel modo in cui si prendono in mano vecchie carte poco familiari; ne studiava una e la metteva da parte per concentrare la sua attenzione sulla successiva. Io dicevo molto poco, mi limitavo a tenere un atteggiamento concentrato. Fu lei stessa a parlare del possibile significato di ognuno dei suoi ricordi, aveva davvero molto da dire.

Scoprì tra l'altro che i piedi malati l'avevano aiutata a scongiurare alcune minacce alla sua felicità matrimoniale. Dopo essere giunta a quella conclusione tornò a un episodio di base che era stato completamente occluso. Si ritrovò bambina piangente dopo avere inavvertitamente rovesciato del tè bollente sui piedi nudi della nonna. E questo frantumò letteralmente il caso. Molte amarezze e aberrazioni scaturiscono dal fatto che incolpiamo noi stessi e ci puniamo per cose avvenute molto tempo fa. La preclear era arrivata alla prima seduta di auditing con le stampelle e alla quinta ed ultima se ne andò camminando senza alcun dolore; la madre mi disse che la sera prima aveva ballato alla musica della radio.

Naturalmente ho molto semplificato quanto quella giovane donna scoprì durante le ore trascorse sul lettino. Nei suoi sensi di colpa vi era molto altro, ad esempio il fatto che a scatenare la sua artrite era stato qualcuno che in un cinema aveva inciampato sui suoi piedi; pensava di avere usato quell'episodio per espiare il dolore provocato alla nonna, per regolare i conti diventando lei stessa una vittima del dolore. La situazione alla fine era diventata in un certo senso gratificante in quanto la malattia aveva chiaramente risolto un problema del tempo presente. Mi chiedo come stia ora.

Poco dopo il suo ritorno al momento in cui aveva versato il tè bollente sui piedi della nonna accadde un fatto strano. Si ritrovò in un edificio che stava crollando, probabilmente un terremoto. Descrisse se stessa in piedi, ferma, con un fascio di luce molto forte che le inchiodava i piedi al pavimento, terrorizzata dai rumori che nell'oscurità provenivano dall'alto. Seduta sulla mia sedia di auditor ebbi la certezza che si trattava di un episodio di una vita precedente.

L'atteggiamento ufficiale della Hubbard Dianetic Research Foundation non contemplava una possibilità così controversa, nonostante le cose che accadevano quotidianamente nelle sue stanze di auditing. Quindi diressi gentilmente l'attenzione della donna verso la ferita inferta nella vita attuale alla nonna, l'episodio di base della catena che stavamo percorrendo. Ma, come disse una volta Hubbard, «un individuo è il riassunto di tutte le sue esperienze».

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Il momento clou della settimana era la conferenza di Hubbard, il quale arrivava all'ultimo momento e prima si fermava un attimo nel suo ufficio per firmare i diplomi di auditor professionale degli studenti; l'unico criterio per il rilascio del diploma era l'aver completato il corso, non esistevano altri parametri. Poi sbucava dal fondo della sala affollata e camminava verso il podio centrale, accolto da applausi. Era una bella messinscena: aveva alle spalle un ricco tendaggio e il podio da cui parlava era illuminato da fari che mettevano in risalto i capelli rossi e il viso, bizzarro ed entusiasta.

Le conferenze non seguivano una struttura ordinata, una teoria organizzata. Era piuttosto un mettere ogni settimana un vetrino diverso sotto la lente del microscopio e descrivere ciò che egli vi vedeva. Potevano esserci macchie di ogni tipo, e tutto ciò che appariva coerente sarebbe stato esaminato, dettagli di un mondo microscopico ora disponibili alle sue percezioni.

Ron Hubbard dava un nuovo punto di vista importante, ma gli studi specializzati e il relativo sviluppo del corpo di conoscenza necessario non erano ancora stati fatti. In una delle sue conferenze sostenne proprio questo, dicendo che «Non esiste un sistema di riferimento a cui rifarsi. Ma avete un sistema di riferimento da cui studiare, e siete voi. Controllate se i dati si applicano a ciò che osservate...»

Hubbard era un conferenziere meraviglioso, parlava in modo molto schietto poi, introducendo idee che potevano essere le più assennate o le più strampalate, sembrava condividere i commenti spassosi del pubblico ai suoi voli di grande audacia intellettuale.

La sua retorica aveva un ritmo che solitamente portava gli spettatori a una pseudo accettazione delle sue affermazioni, sebbene alcune cose fossero ben lontane dalla "scienza della salute mentale" che li aveva attratti in quel luogo. A volte il personale della Fondazione sembrava impallidire alle sue uscite, mentre il resto di noi ridacchiava contento. Una sera ad esempio arrivò zoppicando vistosamente: ci disse che aveva casualmente risalito la sua traccia del tempo genetica e di non avere completamente scaricato il momento in cui suo nonno era stato ferito a una gamba durante la Guerra Civile.

Un'altra volta parlò del fatto che tutti noi abbiamo un regolatore che possiamo imparare a controllare, possiamo rallentare le nostre energie o farle aumentare, come un motore. Come al solito ero seduta in prima fila e tenevo i piedi, infilati in scarpe senza tacco, distesi davanti a me, rilassata. Mentre parlava Hubbard guardò nella mia direzione e non lo interpretai come un complimento. Lo avevo già sentito chiamare "uomini" delle signore e, a parte quello, quando sei molto alta impari che in uno sguardo casuale può esserci più curiosità che galanteria. Gli rivolsi uno sguardo arrabbiato e incrociai i suoi occhi; mentre la conferenza continuava egli dimostrò una strana abilità nel provocarmi con quel tipo di accelerazione di cui aveva appena parlato. Era come farsi dare un passaggio in moto, ma la direzione puntava dritta verso l'alto. Mi comunicava un senso di velocità, la sensazione di euforia che alcuni sembrano inseguire ossessivamente per una vita intera.

La piccola lotta di sguardi durò poco, ma l'effetto permase per un paio d'ore. Era come una sensazione di leggerezza corporea, non un'ansia spiacevole. Ebbi la sensazione di viaggiare a velocità folle. Forse non l'avrei condivisa così facilmente se la mia vita attuale non mi avesse lasciato registrazioni di quel tipo di movimento. L'amore per la velocità è una delle mie aberrazioni.

Una delle conferenze più importanti alla Fondazione di Wichita riguardò un "codice di onore". Hubbard preparava appunti molto raramente, ma quella volta arrivò con un foglio da cui lesse una serie di affermazioni, commentando ognuna di esse. Sul codice in generale disse che in certi periodi e luoghi si era aderito a regole come quelle in modo talmente rigido da far sembrare molto smorta la nostra era improntata sulla cavalleria, quasi un vago riflesso.

CODICE DI ONORE

Sii vero nei tuoi obiettivi.
Non avere mai bisogno di elogi, approvazione o solidarietà.
Non disprezzare mai te stesso o non minimizzare mai la tua forza o il tuo potere.
Non dare o ricevere comunicazioni a meno che tu non lo desideri.
Non scendere mai a compromessi con la tua realtà o non temere di ferire qualcuno per una giusta causa.
Il tuo auto determinismo e il tuo onore sono più importanti della tua vita attuale.

Questa è l'essenza di quel codice. Con un parametro di questo tipo quando il tuo ambiente cerca di costringerti a fare qualcosa puoi fare una scelta analitica a cui appoggiarti. O almeno puoi renderti conto che sta succedendo.

Gli eventi di ogni vita percorsi durante le sedute dianetiche dipendevano da quei valori. Ricordo che una volta un professore che ci aveva parlato della critica alla grande letteratura. Diceva che i requisiti fondamentali sono un protagonista e una decisione importante. L'onore è il fattore che dà forza alla scelta umana.

Chi vive in base a qualcosa che assomiglia a un Codice D'Onore sarà difficilmente disciplinabile. Forse ciò accadeva in un remoto passato. Forse qualcuno decise di promuovere l'idea che si vive una volta sola, quindi meglio vivere da schiavo che morire da eroe.

Ma forse l'eroe sarà eroe anche la prossima volta.

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Tra il pubblico presente alle conferenze di Hubbard c'erano quasi sempre quegli strani e dinamici personaggi di frangia che noi definivamo "squirrels". Arrivavano da ogni parte del paese, alcuni anche dall'estero, tutti attratti da Dianetics. C'erano ingegneri e studenti universitari, attori, cowboy, operai - facevano tutti parte di un gruppo umano ma erano arrivati da soli, avevano affittato una stanza e trovato un lavoro nelle vicinanze.

Questa gente non si iscrisse mai alla Fondazione, sembrava piuttosto obbedire a qualche legge non scritta che le impediva di sostenere un'organizzazione che agiva nell'interesse di Hubbard. Ciononostante, le sue idee dominavano la loro vita. Spesso dotate di un intelletto brillante, queste persone facevano molto co-auditing sviluppando teorie insolite con fervente eccitazione.

I legami con gli squirrels non avevano mai dato esiti costruttivi. Ma fortunatamente eravamo troppo occupati per farci tentare dalla maschera di vita sociale che dissimulava le loro attività. Erano conversatori ardenti e noi eravamo entusiasticamente coinvolti nella percezione delle cose trasformate in parole per il beneficio dell'auditor.

In quel periodo alcuni di noi costituivano una specie di guardia d'onore di Hubbard. Lo ammiravamo moltissimo, eravamo leali e quanto accadeva durante le sedute di auditing era assolutamente in linea con i suoi scritti e le sue conferenze. La persona che più gli era vicina era Bud Eubank, figlio di un medico del Missouri. Alto, robusto, con un viso da cherubino e una testa scarmigliata di capelli neri, Bud era l'enfant terrible della Fondazione di Wichita. Quando aveva sentito parlare per la prima volta di Dianetics era uno studente universitario destinato a divenire medico. Aveva invece studiato da auditor professionista alla Fondazione di Los Angeles e, quando ci incontrammo a Wichita, aveva appena finito di collaborare con Hubbard su una nuova serie di assiomi dianetici. Naturalmente anche Noyga era uno di noi. Il quarto era un giovane texano alto e biondo di nome Norman James, eccellente giocatore di scacchi, che aveva a sua volta abbandonato l'università per rispondere alla chiamata dianetica.

Ci ritrovavamo per mangiare assieme, a volte andavamo al cinema o giocavamo alle carte, quando dianetica ci lasciava un momento libero. Mi trovavo a ovest degli Appalachi per la prima volta in vita mia, ma a Wichita mi sentivo di casa. I suoi abitanti erano eleganti e con modi urbani, i negozi erano pieni di belle cose brillanti e colorate che ci incantavano, forse perché le vedevamo con percezioni molto più acute. I colori in particolare sembravano bellissimi; eravamo soliti andare in centro a piedi e pranzare al ristorante che stava all'ultimo piano di un grande magazzino solo per il piacere di guardare le vetrine e la sensazione che ci dava percorrere i marciapiedi, semi dei in abiti moderni. Non sto esagerando. Fu il periodo più felice della mia vita.

A volte cenavamo a lume di candela nell'elegante caffè dell'hotel in fondo alla strada, dove avevo dormito le mie prime due notti a Wichita. Poi mi ero trasferita in un vecchio albergo fatiscente che aveva sicuramente visto tempi migliori. Ai lati dell'ingresso principale erano stati ricavati dei negozi, mentre le stanze del primo piano si aprivano su un grande spazio aperto che correva tra le scale al muro prospiciente. Questa specie di ballatoio era largo quasi quanto la strada, e probabilmente un tempo era stato un grande salone. Ora naturalmente era vuoto, salvo una vecchia vasca da bagno in un angolo, racchiusa tra quattro tramezzi e senza soffitto. Fare il bagno in quel cubicolo gelato nel freddo inverno del Kansas era come fare il bagno in mezzo alla strada.

Le stanze avevano la tappezzeria a brandelli, alcune perdevano letteralmente pezzi di gesso. Tuttavia ero stata contenta di accaparrarmi una grande stanza d'angolo appena liberata, i prezzi erano bassissimi ed era vicino alla Fondazione. Appena preso possesso della camera avevo trascorso la prima ora a riempire due grossi contenitori di bottiglie di whisky vuote che avevo trovato sparse in giro, nei cassetti e nell'armadio. Evidentemente l'ospite precedente era stato riluttante a disfarsene. Il Kansas era anche questo.

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A me e John era capitato di lavorare in coppia e avevamo deciso di tornare insieme a Filadelfia non appena terminati i compiti assegnatici; saremmo diventati soci in un'attività di auditing professionale. Quasi sempre però eravamo sepolti dalla pressione degli incarichi che ci venivano assegnati e le occasioni per lavorare insieme erano scarse.

L'equilibrio delle cose, comunque, era ancora lontano dal 211 di West Douglas Street. Gli executive della Fondazione ritenevano che la faccenda delle "vite precedenti" fosse molto controversa e cercare di incorporarla in Dianetics sarebbe stato finanziariamente disastroso. Hubbard non cercava di inserirla a forza, ma aveva sicuramente rinunciato ad ogni tentativo di ignorare ciò non si adattava all'idea che la traccia del tempo individuale inizia con il concepimento. Le sue conferenze settimanali erano piene di riferimenti a fenomeni di vite precedenti. Tutto questo strideva con la realtà che gli studenti avevano di Dianetics, oltre che con le loro esperienze dirette in seduta. A quadrare il cerchio, Noyga fu messo ad audire regolarmente il direttore dei procedimenti, la persona che più di tutte cercava di mantenere dianetica entro i limiti delineati da Dianetics. Proprio nella loro prima seduta il boss cadde a piedi pari in una vita precedente completa di terremoto e onda anomala, il che peggiorò la complessità della situazione.

Arrivava di continuo nuova gente e molti di quelli che erano prossimi al completamento del corso pensavano di non aver ottenuto nulla di quanto avevano sperato. Gli auditor esperti diventavano quindi di importanza cruciale. Dovevamo consegnare moltissimo auditing, ma avevamo poco tempo per farci audire a nostra volta. Comunque io e Noyga riuscivamo a fare qualche seduta serale.

Lui aveva difficoltà a contattare episodi chiave della vita attuale, ma riusciva a entrare agevolmente in vite e condizioni precedenti, ed era un auditor eccellente. A volte si ritrovava in un mondo antico, ma non così remoto e non di retaggio così distante. Una sera mi sembrò che il suo giovane volto americano si espandesse nella calma maturità di un maestro barbuto della Grecia classica. Nei ritorni di maggior successo non era insolito che il preclear assumesse una personalità diversa che anche l'auditor poteva "vedere". Quando il rapporto era ottimo, spesso l'auditor riusciva ad anticipare molto di quello che il preclear stava per dire.

Una volta per iniziare la seduta chiesi a Noyga di rivivere un momento di "piacere" e lui si ritrovò ad un banchetto a base di frutta e ambrosia. Fu un momento di vero piacere e vi restammo per un po', mentre lui esplorava con lievità gli innocenti passatempi di alcuni dei presenti, riuniti sotto un porticato. Non si trattava di gare, quanto di passatempi individuali perché coinvolgevano soltanto una persona alla volta. Tra le altre cose ricordo che mi descrisse un vaso piatto pieno di sabbia colorata su cui venivano tracciati disegni, e una strana forma geometrica lanciata in aria da una cordicella tesa tra due bastoni.

Quando gli chiesi di osservare più da vicino quella vita precedente incontrammo qualcosa di strano. Il saggio aveva trascorso gli ultimi anni di vita vagando di luogo in luogo in groppa a un asino, ma quando aveva sentito sopraggiungere il momento della morte era salito in cima al monte da solo. Raggiunta la vetta aveva lanciato un urlo che aveva echeggiato nel precipizio, e che lo aveva ucciso all'istante. In seguito ho letto che in Tibet vi sono monaci che ancora oggi sanno come si provoca la morte di un corpo con un urlo.

Credo che a piegare i teneri rami dell'inizio della vita non contribuiscano soltanto gli engram. Una sera Noyga, che mi stava audendo, mi chiese «l'episodio più importante per risolvere questo caso» e io tornai a momenti dimenticati che hanno modellato la mia vita attuale, e che nessuna forza della ragione o dell'istinto ha in seguito potuto influenzare. Ero bambina, talmente piccola che il tavolo da pranzo torreggiava su di me e mia nonna, con me nell'episodio, mi sembrava un gigante.

John poi mi raccontò che quando ero tornata a quel luogo nel tempo diventata distante, sebbene riuscissimo ancora a parlare con facilità. Mi disse che la mia voce sembrava provenire da una grande distanza, come se il corpo sul lettino fosse immobile. Avevo totale fiducia in lui - fu un ritorno quasi completo sicuramente quello di maggior successo di tutta la mia esperienza. E appresi in prima persona che le percezioni di un bambino sono molto diverse dalla luce e dai suoni tagliati con l'accetta della realtà condivisa degli adulti.

Ogni cosa sembrava avvolta nella nebbia, gli oggetti solidi stavano nello spazio come le macchine nei miraggi estivi. Il tavolo vicino a me era enorme e mi era molto reale, ma avevo poca coscienza del mio corpo. Uno dei motivi, forse l'unico, del perché di solito non si ricorda la prima infanzia potrebbe essere che le registrazioni dell'epoca hanno percezioni di una portata quasi mai usata nella vita adulta, salvo in momenti molto particolari, o forse nel sonno.

Mia nonna era una francese di grande cultura che era stata una madre dedicata e devota, ma quel giorno aveva provato l'impulso di mettermi in guardia contro quello che, in retrospettiva, forse pensava essere stata schiavitù domestica. Mi implorò di salvare me stessa, di restare libera, di non farmi mai intrappolare dalla maternità e dalle faccende domestiche, come aveva invece fatto lei. Piccola come ero, sembrai capire esattamente cosa mi stava dicendo.

Fiduciosa avevo alzato lo sguardo verso di lei, attraverso una nebbia in cui i suoi occhi scintillavano verso di me suggerendomi una presenza giovane e bellissima. Non vedevo il suo corpo stanco e invecchiato. Ero incantata dalla forte intensità dell'amore che sentivo avvolgermi, c'era qualcosa di magico, e le credetti completamente. La mia psiche era totalmente esposta e credo che per lei fosse lo stesso. Forse io rappresentavo la speranza, il futuro.

Inconsciamente sono rimasta fedele a quel momento per tutta la vita. Ricordo un giorno in cui, adolescente, dal nostro tavolo al ristorante guardai con le lacrime agli occhi un ragazzo dai capelli chiari, dicendomi drammaticamente che sapevo che non avrei mai avuto bambini.

Nei miei anni di matrimonio sembrava non fosse mai il momento giusto per avere bambini. Una volta in cui la natura decise per noi scelsi di abortire, azione che ora considero indifendibile; una volta che resti incinta i due destini devono essere indissolubili, vi è coinvolto un individuo che si fida ciecamente di te.

Ero fortunata ad avere John come auditor. Mi accompagnò più e più volte attraverso l'episodio fino alla conclusione della seduta. Alla fine si ritenne soddisfatto e mi disse di tornare in tempo presente. Sembrai rientrare da una grande distanza.

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Alla fine di dicembre vi fu un raduno di dianeticisti, che Hubbard definì pomposamente "convegno". Arrivò gente da tutto il paese e, pagando una quota di ingresso, potevano assistere per qualche giorno a lezioni e seminari speciali. Si trattava di una delle migliori fonti di reddito di Hubbard.

Tra i presenti vi erano molti degli auditor professionali che si erano "diplomati" alla Fondazione di Elizabeth e nelle altre sedi della prim'ora. Ma non c'era nessuno dei vecchi amici di Ron, quelli che avevano reso possibili quelle Fondazioni. Lui pensava lo avessero tradito. Il momento clou del convegno di Wichita fu una festa chiamata "Bad Old Times Party" ["la festa dei brutti vecchi tempi"] e l'evento segnò la fine della nostra permanenza alla Dianetic Research Foundation. La festa si tenne nel salone del più importante hotel della città, con orchestra e spettacolo. Vi parteciparono tutti: lo staff della Fondazione, i conferenzieri, gli studenti e gli squirrel. Hubbard condusse i festeggiamenti.

Fisicamente Ron era un uomo comune, ma nel suo modo di muoversi c'era qualcosa che catturava e fermava l'attenzione. Quella sera ballò molto, con un ritmo leggero ed esatto completamente privo di grazia. Nel guardarlo capivi perché la gente continuava a identificarlo con la fantascienza, nonostante i suoi sforzi per conformarsi. In molti a quel tempo lo adoravano, ma altri lo guardavano di traverso, con qualcosa di molto vicino alla paura.

Il mattino dopo la festa Noyga lasciò Wichita con altre persone che, dopo il convegno, tornavano a est in automobile. Io tornai a casa in aereo. Arrivammo a Filadelfia rispettivamente il tre e il primo gennaio.

Andammo a vivere nella casa di 122 North Mole Street che aveva due stanze da letto, mantenendo un rapporto di stretta formalità. Non avevamo lo chaperon, la nostra condizione asessuata di "Dianeticisti" aveva il sopravvento sulla carnalità. Nulla può illustrare meglio quanto la nostra dedizione ci facesse sentire distanti da certe cose. Come simbolo di essa facemmo fare una chiave della casa e la inviammo a Ron.

Stampammo delle cartoncini di invito che spedimmo per posta, in particolare ai membri della Dianetic Association di Filadelfia. Informavamo i dianeticisti locali che John Noyga HDA e Helen O'Brien, HDA erano disponibili come auditor professionisti. Dividevamo equamente le spese domestiche e mangiavamo spesso insieme, a casa o al ristorante. Tra di noi c'era grande armonia.

Noyga era un ottimo designer di interni. Si mise subito al lavoro sulla piccola casa quadrata, che diventò molto accogliente. In quella casa vivemmo ed audimmo fino al novembre del 1953, sebbene un anno prima avessimo aperto la nostra Hubbard Foundation in un edificio a quattro piani dietro l'angolo. Quella fu l'unica Fondazione con il nome di Hubbard che si mantenne solvibile e di successo per tutta la sua durata - e l'unica in cui, sebbene gli girassimo la parte del leone dei profitti, lui non avesse letteralmente voce in capitolo.

Appendemmo orgogliosamente alla parete i nostri diplomi di "Auditor Hubbard di Dianetica" bordati d'oro. I nostri numerosi preclear ci pagavano quindici dollari per ogni seduta; ricevevamo su appuntamento e non accettavamo malati di mente. La nostra terapia non produceva drammatiche guarigioni - del resto non avevamo preclear con qualcosa di drammatico da risolvere - ma i nostri pazienti ne traevano beneficio in generale, diventavano più felici e brillanti.

L'Associazione Dianetica lasciò i locali della parrocchia di San Luca e cominciò a tenere i suoi incontri settimanali in un hotel del nostro quartiere, il Whitter. Di solito vi partecipavano circa duecento persone. John, che era sempre stato piuttosto timido, scoprì di avere talento per le apparizioni pubbliche fu presto eletto a presidente dell'associazione, elezione che costituì l'unica azione unanime mai intrapresa dal gruppo.

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Dopo diverse settimane di relativa calma arrivò un telegramma da Wichita. Era lungo ed annunciava un convegno che si sarebbe dovuto tenere quasi immediatamente, e al quale Hubbard avrebbe presentato del nuovo e importante materiale. La sola domanda che ci facemmo fu chi di noi due vi avrebbe partecipato. Decidemmo che sarei andata io, mentre Noyga avrebbe gestito gli appuntamenti di entrambi. Per non perdere efficacia l'auditing professionale doveva essere fatto per qualche ora tutti i giorni, e ci eravamo tenuti degli orari leggeri.


Note:

1. Per approfondimenti si veda Dianetics, un tuffo alle origini, estratti del libro del Dott. J.A. Winter su teoria e terapia di DIANETICS.

 
 
 
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