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Quei nonni inconsolabili che non ci commuovono

All'indomani delle elezioni che hanno visto la sconfitta di Milosevic, torna il diario della drammaturga serba più dura contro il regime. Di Biljana Srbljanovic.

Settembre 2000: riprende sul quotidiano La Repubblica, il Diario di Biljana. Raccolta di Allarme Scientology, pagine a cura di Martini.

© La Repubblica.

Belgrado (8 ottobre) Questa mattina presto, con un aereo passeggeri della linea aerea jugoslava, sul volo di linea Belgrado-Mosca YU-132 il cittadino Marko, in viaggio con moglie e figlio, è partito dalla Jugoslavia per andare in Russia. La giovane coppia di sposi, dapprima, come tutti gli altri passeggeri, ha fatto il check-in, ha presentato regolare passaporto con il visto per la Russia al controllo della polizia di frontiera, ha pagato la tassa per uscire dal paese e, secondo quanto ha dichiarato, non ha portato fuori dal paese più del migliaio di marchi tedeschi consentito. A testa. Quindi, per sé, per la moglie e il bambino, tremila marchi. Tremila marchi per iniziare una nuova vita.

Il padre del cittadino Marko, di nome Slobodan, la notte scorsa si è congedato da tutti. Ha detto di essere stanco del lavoro di responsabilità che ha svolto e che ora avrebbe dedicato tutto il suo tempo alla famiglia, in particolar modo al figlio di suo figlio. In modo che il nonno possa giocare col nipotino, è normale. Ma non si è parlato di nonna Mirjana. La gente dice che, all'improvviso, è oppressa da una terribile tristezza, e le hanno dovuto dare dei sedativi. E come potrebbe non essere angosciata dal momento che sapeva qualcosa che noi non sapevamo, cioè che sia suo figlio che sua nuora, spinti dal desiderio di una vita migliore, l'avrebbero lasciata già il mattino seguente? L'amico di famiglia Milan, ha dichiarato che anche Slobodan è depresso; che questa tristezza prende anche lui, che è molto legato alla famiglia.

Una normale storia di gente comune, sembrerebbe, e lo sarebbe se il figlio e la nuora, la nonna, il nonno e lo zio non si chiamassero Milosevic di cognome: se il nonno non fosse da ieri l'ex presidente della Jugoslavia e se l'amico di famiglia - lo zio Milan Milutinovic - non fosse tuttora presidente della Serbia in carica. Ma c'è almeno un milione di persone in questo paese che oggi potrebbero provare perfettamente quello che provano Slobo e Mira. Infatti, solo negli ultimi dieci anni, centinaia di migliaia di giovani, persone intelligenti, che avevano studiato, e di valore, sono scappati da questo paese. Quella gioventù della Serbia è emigrata, scappata dalla guerra, dalla mobilitazione, dalla miseria, dall'indigenza, dall'umiliazione, dai criminali, dalla disoccupazione e dalla corruzione. Tutte queste persone sono partite nelle uniche condizioni possibili, portando con sé solo ciò che può stare in una valigia, con un paio di migliaia di marchi racimolati a fatica (in frontiera la polizia si appropria del denaro in più), senza visto, senza progetti, senza aiuto e con un solo desiderio, il desiderio di vivere meglio.

Per molti di loro, la partenza non era stata così lussuosa - dalla Serbia i ragazzi per anni scappavano attraversando con le barchette il fiume Drina, o di corsa, varcando il confine con la complicità del buio, nascondendosi dalla polizia che arruolava i giovani, sacrificati già in anticipo per tutte le guerre che Milosevic conduceva. Io personalmente negli ultimi dieci anni ho accompagnato sulla via senza ritorno le persone a me più vicine: il mio ragazzo, la mia migliore amica, parenti, compagni di scuola, amici d'infanzia, di studi...

Io personalmente, negli anni passati, ho provato la tristezza di chi è stato lasciato, quando qualcuno a te caro parte, e non vorrebbe partire. Tuttavia oggi nessuno consola gli inconsolabili genitori Milosevic. Perché Milosevic per anni non ha consolato nessuno di noi, quando rimanevamo senza i nostri cari. Al contrario, era l'unico colpevole, colui da cui tutti loro scappavano. E nel contempo, suo figlio e sua figlia vivevano una vita da favola. Marko ha costruito al figlio un parco di divertimenti privato - "Bambiland" - e per se stesso e la moglie la discoteca più grande dei Balcani. Slobo ha regalato alla figlia una emittente tv, una stazione radio, alcune pistole con dediche dei criminali di guerra, un marito e anche un fidanzato. Per se stesso e per la moglie ha costruito, con tutto il nostro paese e con le nostre vite, un parco divertimenti ancor più grande, con la "casa degli orrori" e il "toboga della morte".

Non si è rattristato il nonno Slobo di fronte ai genitori dei ragazzi morti in tutte queste guerre, non ha mai espresso le sue condoglianze a nessuno, mai una parola di conforto... Marko nel frattempo guidava nei rally, distruggeva macchine costose, costruiva ville, seduceva ragazzine, picchiava i coetanei e spediva in galera chiunque lo avesse guardato storto. E adesso questo Marko è volato in Russia. Per una vita migliore. Nell'unico paese che lo vuole. E adesso questo Marko ha diritto di iniziare tutto da capo, e pure con i soldi rubati in tutti questi anni. Marko ha il suo bimbo, lui non ha sofferto come i bimbi di Srebrenica, di Sarajevo, di Vukovar o di Pec.Marko ha anche la moglie. Non lo ha abbandonato costretta dal fardello della miseria di emigrare senza di lui. Marko ha la sua casa, nessuno l'ha depredata né bruciata, nessuno ha confiscato i suoi beni né distrutto i suoi ricordi.

Marko ha anche mamma e babbo, nessuno gli ha fatto del male. Ha anche la protezione e l'ospitalità del fedele amico paterno Putin, ha quattrini, insomma è un uomo fortunato, perché speciale, perche diverso da noi altri. E così sia, se il mondo va così. Ma io mi domando cosa rimane dopotutto, per noi, comuni mortali. E se ci sia, in ciò che rimane, almeno un po' di giustizia?

 
 
La strana caccia alla taglia su Slobo

Belgrado (9 ottobre) Ieri, a un conducente di camion austriaco, mentre viaggiava in autostrada per la Stiria, per poco non è venuto un infarto. E' successo che su una Mercedes con la targa jugoslava, che lo ha sorpassato nel tragitto, il coscienzioso austriaco ha scorto "nient'altro" che l' ex-presidente della Jugoslavia, Slobodan Milosevic. All'autista sbigottito il sangue è andato velocemente alla testa e - come scrivono i giornali austriaci - ha immediatamente informato la polizia dell'accaduto. Gli ispettori austriaci hanno messo in atto un intervento lampo, dando la caccia a Slobo per le autostrade della Stiria, perfino con gli elicotteri. L'inseguimento si è concluso rapidamente e, con la grande delusione del camionista, in macchina non c'era un criminale di guerra con mandati d'arresto a livello internazionale, per cui, ricordiamo, è fissata una ricompensa di cinque milioni di dollari, ma un altro jugoslavo, che non assomiglia nemmeno a Slobo. >p>James Bond, sul camion frigorifero, ha continuato tutto mesto il suo viaggio. La polizia è tornata in stato d'allarme, per badare che Karadzic non se ne vada in giro per Klagenfurt, che il Generale Ratko Mladic, cammuffato da operatore ecologico, non compaia nelle discariche di Graz o magari Arkan, vivo, e non morto, giri come un vagabondo nei sobborghi di Vienna. Un aneddoto assurdo, non sarebbe nemmeno degno di attenzione, ma diventa estremamente comprensibile perché cinque milioni di dollari sono un bel mucchio di soldi; vale la pena tentare, vale la pena dubitare di qualsiasi straniero, specialmente serbo.

Se qualcuno, poi, per errore, finisce in prigione all'Aja, non sarà poi così dura per lui; ci si renderà conto ben presto che si tratta di uno sbaglio, e fin che non lo si assoda, il comfort che offre questo carcere ai suoi internati spesso è ad un livello molto superiore rispetto a quello delle case dei lavoratori stranieri medi che dalla miseria jugoslava sono scappati in Occidente.

Quel che in tutta questa situazione risulta cinico e pericoloso è il fatto che su alcuni media stranieri in questo momento abbia un'importanza enorme, quasi decisiva, la posizione del presidente Kostunica che non vuole collaborare con il tribunale dell'Aja. Personalmente, io non ho nulla contro il fatto che si giudichi Milosevic e, inoltre, sono sicura che mi dedicherò alla campagna che vuole questo delinquente davanti alla giustizia. E non solo lui, quasi tutta l'ex-Jugoslavia è piena di carnefici - persone dalle mani insanguinate, più o meno potenti, che nell'anima recano un numero più o meno grande di vittime. Ma condizionare il futuro di un paese attraverso la collaborazione con il tribunale dell'Aja, è la brutta e sfortunatamente logica continuazione di una politica sbagliata nei confronti di tutti noi. Per fare come quel camionista, strada facendo, informo pubblicamente gli ispettori del tribunale dell'Aia che ho un'informazione che può condurre all'individuazione dell'ubicazione di Slobodan Milosevic. La mia informazione suona così: eccolo, si è incontrato con Ivanov, da qualche parte vicino al confine jugoslavo-bulgaro; il presidente Putin saprà dire esattamente anche l'indirizzo e il numero di casa. E adesso datemi i miei cinque milioni di dollari. E occupatevi di lui da soli. Non aspettatevi da me, cittadino comune, che addirittura lo catturi per voi. Lo stesso vale per Karadzic, eccolo a casa sua in Bosnia. Voi andate pure a catturarlo e a me date altri cinque milioni di dollari. Con un tale capitale si può iniziare qualcosa. Come, per esempio, la ricostruzione di un paese, del mio paese, distrutto dai bombardamenti.
«(Traduzione a cura del GRUPPO LOGOS)»

 
 
Ma i crimini morali non si perdonano

Belgrado (10 ottobre) Mentre oggi gli studenti, mischiati agli altri cittadini, stanno davanti al Parlamento della Repubblica serba, in attesa dei risultati della seduta odierna, all'interno i socialisti di Milosevic e i fascisti, anzi, scusate, i radicali di Seselj, hanno tutto il potere. Almeno per ora.

Queste elezioni che l'opposizione democratica ha vinto senza alcun dubbio, sono state fatte a livello federale e questo de facto significa che essa, l'opposizione, ha conquistato solo un grado di potere piuttosto basso. Delle persone grigie governano invece la Repubblica serba - che è poi quella che controlla la polizia, la magistratura, l'universita', l'informazione, la sanita'... - e, oltretutto compongono formalmente tutti gli apparati di Milosevic. Sono persone grigie, in abiti grigi, arrabbiate col mondo, che sorridono solo al piu' forte fra loro (che, secondo il loro modo di concepire le cose, è, per l'appunto, sempre Milosevic), ricche, pasciute e inconsapevoli della miseria che li circonda e che proprio loro hanno contribuito a creare.

È bello scendere in piazza oggi, senza essere disturbati dalla polizia (che non osa più nemmeno fare le multe agli automobilisti) e, solo con la nostra presenza, sentire di mettere in agitazione la gente di Milosevic. Ed è ancora più bello seguire su quasi tutti i canali televisivi il dibattito all'interno del Parlamento, dove tutte queste persone grigie adesso sono verdi dalla rabbia, e cercano di trovare un qualche espediente più o meno legale in base a cui potersi tirare fuori da ogni responsabilità. E le dimissioni piovono a dirotto, da parte di presidi, rettori e, prima di tutto, del ministro della polizia. Presentando le dimissioni, quest'uomo, direttamente responsabile per le barbarie dei criminali e il terrore della polizia sulla gente comune, ha detto: «Io approvo l'idea di presentare le dimissioni». Ciò significa che qualcuno glielo ha ordinato. Ma non si sa chi. Qualcuno che lo ha tradito, cercando in cambio la salvezza per se. Difatti i tradimenti e le diserzioni sono ormai un fatto quotidiano.

Il leader dell'opposizione democratica Zarko Korac, oggi ha testimoniato (e questo è un uomo esemplare e assolutamente credibile) che un alto rappresentante della commissione per le elezioni federali, quindi di quella commissione che aveva tentato di derubare i cittadini della propria volontà elettorale, è andato fino al suo ufficio ad offrire una "collaborazione". Più precisamente si offriva per denunciare certi suoi colleghi in cambio dell'amnistia per i propri atti criminali. Ora, sarebbe un gesto politico accettare il compromesso, lasciarne andare uno per poterne giudicare trenta. Ma oggi in Serbia ciò che importa è la questione morale; non si fa più politica fuori dall'etica ed è un atto estremamente immorale quello di offrire la grazia ad uno e giudicare gli altri.

Non esistono le amnistie morali. Della responsabilità penale si occuperà il tribunale (tutti i membri della commissione elettorale che hanno macchinato qualcosa, rischiano adesso almeno tre anni di carcere); le persone verranno giudicate, qualcuna anche condannata. Ma per gli errori morali o, più precisamente, per i comportamenti immorali, non ci sono né perdono, né oblio. Quando all'alba del primo giorno di democrazia ho acceso il canale televisivo del passato regime, ho visto un giornalista che ha personalmente proibito la mia apparizione sulla rete nazionale. Questo è un paese piccolo, qui si sa tutto; i nomi e i comportamenti della gente si vengono a sapere pubblicamente; conosco già da mesi il nome dell'uomo che interdice proprio me in persona. E adesso quell'uomo, contento, felice, ma con una certa amarezza, parla della libertà con le lacrime agli occhi.

E allora ho proprio pensato che niente cambierà davvero così in fretta, dal momento che certe persone sono capaci di mimetizzarsi ed adeguarsi alle situazioni più che di essere oneste e di confrontarsi con la propria coscienza, quando il pubblico comincia a mettersi in agitazione. Questo giornalista è famosissimo e come lui molti altri. La gente si è ricordata dei presidi delle università che hanno cacciato dei professori. La gente sa chi sono i giudici che hanno ordinato anche fino a dodici anni di carcere duro a donne innocenti, tutti sanno chi sono i colpevoli, ad uno ad uno. E nessuno ha intenzione di permettere che questa cosa venga dimenticata. Non c'è perdono per i peccati morali, solo disprezzo e pubblica condanna - questo è quello che si sente nel paese. E non si tratta di vendetta, o di render la pariglia. Questa è semplicemente Giustizia.
(Traduzione a cura del gruppo Logos)

 
 
 
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