Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic. Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini. © Der Spiegel - La Repubblica.
BELGRADO (22 MAGGIO) - Questa mattina ho raggiunto il punto culminante della mia popolarità. Tipico sabato bellico
belgradese: non c'è corrente elettrica, i mezzi di trasporto non funzionano e un profondo silenzio grava sulla città.
In questa letargia totale, ho deciso di impormi al pubblico. Per un caso, il mio appartamento ha la corrente, e così ne ho
potuto fare il centro del mondo. Di buon'ora, ho iniziato a invitare per telefono amici che vivono nelle varie parti della città,
dicendo a tutti la stessa cosa: "Non hai la corrente?, che strano: io ce l'ho. Venite, ci terremo compagnia, posso preparare
qualcosa per pranzo, potete anche fare il bagno da me".
I miei amici hanno accettato l'invito in massa. Verranno a mangiare
e a farsi il bagno, e porteranno con loro altre persone: figli, genitori, vicini, amici, persino gente che non conoscono. Dal momento che
ho invitato un mucchio di gente, ho deciso di fare spese al mercato. "Questi sono radioattivi", dice una donna, scegliendo
agrumi, che sono arrivati a Belgrado prima della guerra. "Tutto ciò che è germogliato qui è stato
contaminato", dice a una contadina che gli offre un cavolfiore.
Non fa niente, penso, non posso vivere solo di banane
putrefatte e di limoni, devo comprare qualcos'altro. E alle conseguenze penserò tra qualche anno, quando tutto questo
sarà finito. I contadini parlano di un matto che gira tra i banchi con la cesta vuota e il contatore Geyser per misurare sulla
verdura gli effetti delle bombe ripiene di uranio. Dicono che non compra mai niente: va soltanto in giro misurando la radioattività.
Un mascalzone, perché fa scappare i clienti. Alla televisione ci hanno spiegato che non c'è ragione di essere
preoccupati. Ci dicono soltanto di lavare la frutta e la verdura per ore sotto un forte getto d'acqua. "Ma con che cosa la lavo, se
non ho l'acqua corrente?", continua a protestare quella donna, infilando un kiwi putrefatto nella sua busta di plastica.
Sulla
mia segreteria telefonica registro un nuovo messaggio: "Buon giorno, sono Biljana, non sono a casa, ma come sentite la
corrente elettrica c'è. Tornerò a mezzogiorno, venite così possiamo lavare insieme la frutta. Bip". Poi lascio il
telefono squillare.
Oggi sono la più forte, la più popolare di tutti. Se per caso dovessero indire le elezioni, vincerei
di sicuro. Cinque minuti prima di mezzogiorno, la gente comincia ad arrivare. La colonna di "profughi urbani" con il
necessario per l'igiene personale, con le pance vuote, e assonnati perché hanno saltato il caffè della mattina. Li
ricevo allegra e in forma: oggi sono l'unica donna di Belgrado che si è potuta lavare i capelli! Ho deciso per un pranzo
all'italiana, ho cucinato la salsa per gli spaghetti, e al momento di buttarli nell'acqua bollente, mi sono ricordata che anche oggi
sarò in grado di scrivere il mio diario per gli italiani, perché ho la corrente elettrica per il mio computer. Poi, come nei
film cattivi, la mia fortuna è cambiata di colpo. Improvvisamente la mia residenza lucente si è trasformata in una zucca
oscura, e io in Cenerentola. "Non hai mantenuto la tua promessa", mi ha detto un'amica andando via. Subito dopo anche
gli altri l'hanno seguita. Sono rimasta sola, con il sugo e gli spaghetti crudi. Per fortuna, il mio computer ha una batteria, posso quindi
scrivere. Poi mi è venuta un'idea e ho incominciato a telefonare, ma adesso solo agli scrittori. Dicendo loro: "No, non ho
corrente elettrica, però il mio computer ancora funziona. E se hai bisogno di qualcosa, sei il benvenuto."
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