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Il film Phenomenon: uno spot di Scientology 

Una collezione di recensioni tratte dai giornali, 1996.

 
Corriere della Sera

Maurizio Porro

Come dicevano una volta, trattasi di fenomeni paranormali incontrollabili. Il tranquillo meccanico di provincia George Malley, simpatico, semplice e del tutto anonimo come il George Malley della «Vita è meravigliosa» (ma le analogie finiscono qui, alla fonetica), viene una sera «fulminato», in occasione del 37mo compleanno, da qualche astro che gli concede pieni poteri intellettuali. Un incontro ravvicinato di uno strano tipo che gli offre ampie facoltà: impara il portoghese in 20', predice i terremoti, fa sfoggio di telecinesi, ritrova bambini scomparsi, dà consigli agricoli e ottiene maxi zucchine, si intromette con i segreti del potere (l'FBI lo perseguita) e via, secondo la casistica del caso da baraccone, in ricordo di «Rain man». 

Amatissimo dalla «gente», il genio, che ci ha preso gusto, riesce perfino a conquistare la bionda cui stava dietro da sempre. E sarà lei, alla fine, a consolarlo per una morte molto banale, molto terrestre, sulla collina, a tu per tu con la natura. Lascia un patrimonio che sarà esaminato dai professori di Berkeley. 

«Phenomenon» di John Turteltaub, regista in equilibrio tra le «Tartarughe Ninja» e «Un amore tutto suo», appare, nonostante le smentite, come un patinato e interminabile spot sulla setta di Scientology cui Travolta non è il solo divo ad aderire. Ma nonostante la diffusione del Verbo, l'attore, già miracolato da «Pulp fiction», non riesce ad illuminare neppure per un attimo, neppure per miracolo, il suo personaggio, tenendolo sotto la sua media espressiva. È battuto ai punti, anche in simpatia, da una serie di partner su cui il film si puntella nelle banali annotazioni di provincia: il dottor Duvall, il buon grassone Whitaker, la sensibile Sedgwick, testi dello strano fenomeno. 

Sotto, ci sta una credenza religiosa non molto chiara ed è proprio l'ambiguità filosofico-spirituale («tutte le cose sono in cammino verso una meta»: nuovo panteismo?), unita al ricatto sentimentale, che infastidisce e molesta la storia. Nonostante ciò che accade, infatti, il film non trasmette mai un'emozione, diventa sempre più lento, esangue ed esteriore, pur lanciando strali in ordine sparso. Giacché ci assicura sulla connivenza dei poteri ignari della vera natura umana, che è una summa di energia e di intelligenza finalizzate ma non si sa a Cosa. Così la Storia andrà anche avanti, ma il film no, non s'alza mai oltre il folklore, non traduce mai in verità la presunta esigenza spirituale che resta a livello di immaginetta. Fantapsicologia, insomma, applicata alla solita piccola città americana, dove il protagonista è un ingenuo erede delle commedie anni '30, vittima del suo trombonismo di campagna. E l'espressione pia e un po' bovina di Travolta, che evidentemente non somatizza ciò che gli accade, certo non aiuta. 

 
 
 
 
 
 
La Stampa

Alessandra Levantesi

C'è qualcosa lassù nel cielo? In "Phenomenon" si manifesta come una luce misteriosa che va a investire la notte del suo trentasettesimo compleanno George Malley, simpatico meccanico in una cittadina della California del Nord. Mentre dentro si festeggia a birre, Malley esce a prendere un po' d'aria e getta lo sguardo sulla volta stellata, esprimendo un'inconscia esigenza dell'animo cui quell'improvviso bagliore sembra una possibile risposta. Fatto sta che dopo lo strano episodio, George si sveglia un altro: sa giocare a scacchi da campione, risolve ogni problema all'istante, parla fluentemente spagnolo, legge svariati libri al giorno, non riesce più a dormire perché la sua mente è in continuo fermento; e presto si accorgerà di essere in grado di spostare gli oggetti, di prevedere un terremoto, di ritrovare un ragazzino scomparso.

Questa genialità quasi soprannaturale eleva il meccanico da una dimensione di spicciola quotidianità a un livello spirituale cosmico. Ma il contesto sociale, restando piccolo e ottuso, fa di lui un fenomeno da baraccone: l'Fbi indaga sui suoi poteri come fossero una minaccia alla sicurezza nazionale, i concittadini lo isolano trattandolo da alieno o da impostore. E c'è il problema che il lavorio incessante della mente logora il cervello del poveretto, destinandolo a una precocissima fine proprio mentre matura il suo rapporto con la sensibile e anticonformista mamma "single" Lace (Kyra Sedgwick).

Scritta da Gerald DiPego, la storia conteneva una parabola sulla "santità" (tale si può configurare l'esperienza di Malley) che su questa terra meschina non ha spazio; o un discorso sull'appiattimento culturale delle società di massa: tuttavia ogni implicazione diventa melensa nel film dai risvolti lacrimosi diretto da Jon Turteltaub. E se in Usa gli incassi sono stati buoni, si deve soprattutto alla presenza di Travolta, nel ruolo congeniale di un uomo con tanta innocenza negli occhi. 

 
 
 
 
 
 
L'Unità

Michele Anselmi

L'hanno accusato di essere uno "spottone" al servizio della Chiesa di Scientology, la famosa setta mistico-religiosa americana fondata da Ron Hubbard alla quale appartiene John Travolta (e con lui divi del calibro di Tom Cruise e Paul Newman). Magari sarà così, anche se è probabile che il successo arriso a Phenomenon negli Usa non sia tutto ascrivibile al pubblico dei "dianetici", altrimenti stiamo freschi. 

Il "fenomeno" in questione è John Travolta, nei panni di un meccanico di Harmon, California settentrionale. Sorridente ma non proprio sveglissimo di comprendonio, George Mulley è una pasta d'uomo d'aurea mediocrità. Se non fosse che, in coincidenza con il suo 37esimo compleanno, viene "colpito" da un improvviso bagliore notturno che lo lascia steso a terra senza conoscenza. Un Ufo? La Grazia divina? Un'allucinazione? Vallo a sapere. Fatto sta che, ripresa conoscenza, Malley si trasforma in una specie di genio soave. Un po' come succedeva al bambino telematico di Erasmo lentigginoso, il meccanico s'improvvisa maestro di scacchi, impara lo spagnolo e il portoghese in venti minuti, legge quattro libri al giorno, coltiva pomodori giganti, risolve ogni problema. E di lì a poco, si accorgerà di poter spostare gli oggetti e prevedere i terremoti; per tacere di quel bambino ferito, dato per scomparso, che lui ritrova con la forza del pensiero...

Parte spiritosamente Phenomenon, in un clima da fiaba gentile intonato allo sguardo tra l'ebete e l'innocente di Travolta. Ma poi, in coincidenza con il manifestarsi di quella misteriosa genialità, il film si incupisce, prendendo di mira l'ottusa meschinità del mondo circostante: sicché il povero Malley finisce con l'essere arrestato dalla Fbi per avere decrittato dei codici militari top secret, mentre i concittadini cominciano a trattarlo come un fenomeno da baraccone. Per fortuna la disarmante vitalità dell'uomo apre un varco nella granitica diffidenza della mamma separata prima inutilmente corteggiata: e tra i due sembra nascere una tenera love-story, se non fosse che una serie di disturbi rivela l'esistenza di un tumore nel cervello di Mailey.

Polemico nei confronti della scienza medica tradizionale e sostenitore della genialità come "illuminazione" che propizia una Nuova Armonia, Phenomenon è un film rassicurante e minaccioso insieme. Sembra che, in fase di realizzazione, il copione di Gerald Di Pego abbia conosciuto vari rimaneggiamenti, per farlo meglio aderire alle teorie di Scientology. Di sicuro Travolta ha preso molto sul serio il suo ruolo di "country redentore", ma al cinema ha fatto di meglio. 

 
 
 
 
 
 
Film TV

Aldo Fittante

In una piccola cittadina della California, un meccanico viene colpito da una luce misteriosa nel giorno del suo trentasettesimo compleanno. Un regalo che gli apre le porte di un mondo nuovo: divorerà libri, partorirà progetti, spaventerà amici e conoscenti, conquisterà la donna dei suoi sogni. Rispedito nell'Olimpo di Hollywood da Tarantino, l'ex phenomenon Travolta sfrutta il momento a fini personali: il film, infatti, è uno spottone pro-Scientology, la setta che - all'inizio degli anni '80 - sconvolse sul serio gli usi e le abitudini del divo. Gli scopi sono, apparentemente, innocui: comunicare al mondo intero le reali potenzialità contenute in ciascuna corteccia cerebrale esistente. Come dire: se siamo scemi è solo perché usiamo la testa ai minimi di legge. All'inizio ci si casca nell'atmosfera ovattata e quasi fiabesca. Poi sorge un dubbio: che gli extraterrestri siano già sulla Terra e vogliano privarci dell'unico bene rimastoci, il cervello? Arrr...idateci E.T.

 
 
 
 
 
 
Film & Chips

Franco Cicero

Manifesto cinematografico di Scientology, per cui la genialità si sposa con l'armonia e illumina d'immenso la mediocre esistenza di George Mulley, un John Travolta in vena di miracoli.

Ci aveva pensato, alla nostrana, Adriano Celentano più di dici anni fa con "Joan Lui" a calarsi nei panni di un moderno profeta incompreso dai contemporanei. All'epoca quasi non esistevano le teorie "dianetiche" e la setta di Scientology a cui John Travolta, come altri suoi colleghi di Hollywood, appartiene. Con l'ardimento di un predicatore, Travolta non fatica a identificarsi nel personaggio di un meccanico, mediamente incolto, di un borgo rurale della provincia americana. Al protagonista accade un evento straordinario: la notte del suo compleanno viene stordito da una luce proiettata dal cielo, e scopre di essere diventato coltissimo e geniale. Non dorme più, divora libri su libri, accumula conoscenze, si scopre in possesso di capacità paranormali. Ma senza egoismi, mette subito questa scienza infusa al servizio della piccola comunità. Anzi, il suo desiderio è di comunicarla all'umanità intera. Però nessuno lo capisce: viene trattato come un marziano, poi addirittura deriso, infine emarginato per la sua diversità, mentre gli scienziati lo vorrebbero usare come cavia e addirittura l'Fbi gli dà la caccia. Gli restano accanto solo la donna che lui ama segretamente (timido com'è non ha il coraggio di comunicarle i suoi sentimenti), il medico del paese e un amico. E per evitare dietrologie e alimentare credenze, nel finale il film dà pure una parvenza di spiegazione scientifica all'eccezionale fenomeno, prima di un epilogo triste, ma consolatorio al tempo stesso, che conferma - con un pizzico d'amarezza - come il valore di filantropi e benefattori sia pienamente compreso solo dopo la loro morte. "Phenomenon" ha avuto un grandissimo successo negli Stati Uniti, dove evidentemente la voglia di storie edificanti, a metà tra Capra e Spielberg, è sempre inesauribile, e il tocco georgico dell'ambientazione esercita un fascino intatto. Ha funzionato di meno, invece, nella scettica Europa, dove la sceneggiatura di Gerald DiPego (proveniente, e si vede, da esperienze soprattutto televisive) risulta un po' troppo ingenua e indecisa negli eccessivi finali e controfinali, e la regia di John Turteltaub appare molto poco personale. Ciò non toglie, comunque, che il film sia recitato molto bene: Robert Duvall (il medico) e Forest Whitaker (l'amico) hanno un paio di assoli rilevanti. Kyra Sedgwick ha il pieno controllo del ruolo di una donna determinata e forte, nonostante le avversità. E soprattutto John Travolta, definitivamente lanciato in una seconda giovinezza artistica, sa essere rilassato e controllato, molto attirato da un personaggio che gradisce visibilmente.

 
 
 
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