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Scienza e paranormale: scettici e credenti a confronto

Articoli tratti da Le Pagine di Prometeo, 1998, periodico a cura del C.I.C.A.P., Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, che è possibile ricevere gratuitamente contattando l’associazione; seguono un intervento critico verso quest'ultimo apparso sulla rivista on-line Alternativamente e una invettiva contro gli scettici diffusa via Internet nel Maggio del 1999 dall'associazione di magia e pratiche medianiche GRAAL.

 
 
 
    Scettici
 
 
 
 
Mistificatori e demistificatori

"Eppure c’è del vero…". Questo pensiero, che in qualche modo ci ricorda il convincimento galileiano "eppur si muove", sintetizza l’idea dominante della cultura contemporanea a proposito del paranormale. Vi è infatti la convinzione generale che – al di là di quella congerie di mistificazioni in cui è avvolto il mondo del mistero e dell’occulto – ci sia comunque una base di verità, e che certi particolari fenomeni, come ad esempio la percezione extrasensoriale, siano ormai scientificamente dimostrati.

Per definizione, il paranormale si colloca al di fuori dei normali schemi fenomenologici della Natura. Di paranormale spesso si parla con disinvoltura, ma il genere di sovvertimento che l’avverarsi di tali fenomeni comporterebbe per tutte le principali leggi naturali che conosciamo, spesso ci sfugge. Certamente è affascinante l’idea che ogni tanto le inderogabili leggi dell’universo possano ammettere delle eccezioni, magari in relazione con le ancora inesplorate potenzialità della mente umana. Quale artista, pensatore o uomo di scienza non ne sarebbe profondamente attratto?
 

Le leggi della Natura

Tuttavia è proprio lo scienziato, e il fisico in particolare (in quanto studioso delle leggi dell’universo), a rendersi conto di quanto grave sia l’incompatibilità fra tutto ciò che è noto della Natura, e l’ipotetico verificarsi di fenomeni che ne andrebbero a sconvolgere totalmente le fondamenta. Il problema forse non è molto chiaro ai non specialisti, ma la struttura della materia è oggi un campo così ben noto e praticato della conoscenza umana, che ormai non è pensabile ospitarvi l’esistenza di misteriose "entità" paranormali (sarebbe un po’ come favoleggiare degli elfi nella foresta, dicendo che gli antropologi li devono ancora scoprire).

Non vi è in sostanza alcun modo per far rientrare i vaghi "magnetismi", le "energie" oppure i "fluidi" di cui parlano i cultori del paranormale, nell’ambito del grande edificio teorico con cui la fisica descrive l’universo seppure essa stessa adopera i medesimi termini – ma con ben altro rigoroso significato matematico.

L’osservazione, compiuta scientificamente, di un autentico fenomeno paranormale, costituirebbe la più grande scoperta di tutti i tempi. Le scienze fondamentali come la fisica e la chimica, e di seguito tutte le altre discipline che su di esse si basano, andrebbero riscritte. Ne deriverebbe una rivoluzione concettuale di portata immensa, e tutto il sapere umano sarebbe profondamente modificato.
 

Soggettività e metodi scientifici

Ma le cose non stanno così. In realtà la scienza moderna non è ancora riuscita a provare il verificarsi di nemmeno un solo fenomeno paranormale; e di questo dato possiamo star certi. Se infatti talune esperienze soggettive (ad esempio di apparente telepatia o precognizione), per la loro stessa natura interiore sono difficili da provare o smentire oggettivamente – sicché ciascuno può darsene una propria interpretazione – non vi è invece alcun dubbio sull’atteggiamento della scienza, che deve fondarsi sulla oggettività dei fenomeni.

Il metodo scientifico, basato sui criteri della verifica sperimentale, non lascia spazio a certi tipi di ambiguità, e la posizione degli scienziati è chiara: il paranormale non ha prove. Anzi dopo un secolo di ricerche, sta emergendo una paradossale tendenza nei (pochi) laboratori dove ancora si cerca pazientemente di raccogliere gli indizi di una possibile esistenza dei fenomeni paranormali: quanto più le indagini si approfondiscono, e i metodi di ricerca si affinano, e ancora le sensibilità degli strumenti si accrescono, tanto più gli indizi a favore del paranormale si affievoliscono.
 

Se controlli calano i fenomeni

È un’esperienza familiare a tutti i ricercatori che lavorano nel campo: più aumentano i controlli più calano i fenomeni. Se si trattasse di una normale ricerca su specifici effetti di fisica, chimica, o psicologia sperimentale, con dei risultati così deludenti gli studiosi l’avrebbero già abbandonata da tempo. Ma la sfida posta dall’ipotetica esistenza di fenomeni paranormali è troppo importante, per lasciarsi scoraggiare da solo… un secolo di risultati negativi, e così per taluni il problema resta ancora aperto.

La posta in gioco è alta, ma non solo dal punto di vista gnoseologico. Molto più prosaicamente, il fascino che il paranormale esercita sulla mente umana viene sfruttato facendo leva sull’ingenuità e la disinformazione della gente comune, per alimentare un giro di migliaia di miliardi su cui prosperano gli immancabili personaggi in cerca di protagonismo e facili guadagni. Tutto ciò è ben noto, e di questi tempi forse nemmeno scandalizza più di tanto, sempre ché non si tratti di casi gravi in cui viene addirittura lesa la dignità della persona.

In un certo senso, ciò che forse indigna di più è la mistificazione culturale che ne deriva: in sostanza si tratta di un colossale "falso ideologico", che viene consumato ai danni del pubblico. A milioni di persone ignare e fiduciose viene propinata, con la complicità più o meno consapevole dei mezzi d’informazione, una visione fasulla dell’universo in cui viviamo. E scusate se è poco.
 

Segni zodiacali e fluidi

Così, si finisce per credere tutti a delle favole per i gonzi, spacciate come dei dati di fatto, e di cui invece magari la scienza ha dimostrato il contrario. Così si crede che la Luna influenzi la nascita dei bambini, che il segno zodiacale sia correlato al carattere, che sia meglio dormire orientati nord-sud, che dalle mani dei guaritori fluiscano radiazioni benefiche, che un registratore aperto possa ricevere messaggi dall’aldilà, che si possa "captare" il pensiero altrui, che la forza della mente possa muovere un oggetto a distanza…

Di fronte a una tanto colossale mistificazione, occorrerebbe un altrettanto grandioso impegno per riportare la gente alla realtà. Ma la voce della ragione è spesso più debole di quella dell’emotività. Un mondo come quello del paranormale, in cui la mente umana è al centro dell’universo e i suoi poteri trascendono la materia, è a prima vista più suggestivo di un mondo reale in cui dominano le leggi della fisica, e la Terra è un insignificante granello nel cosmo. Ma dobbiamo saper distinguere il mito dalla realtà; e proprio imparando a conoscere il vero volto dell’universo attraverso la conoscenza scientifica, ne possiamo scoprire l’autentica e sublime bellezza.
 

L’attività del CICAP

L’opera di demistificazione va sempre controcorrente. E tutta in salita è infatti l’attività del CICAP (il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), che è appunto impegnato a fornire un’informazione obiettiva e critica a chi si interessa di paranormale. Vi aderiscono docenti e ricercatori di diverse Università italiane, e anche persone qualsiasi, che si occupano di tali argomenti; particolarmente nota è la partecipazione del giornalista scientifico Piero Angela, da tempo in "prima linea" per difendere la correttezza della divulgazione scientifica.

L’intento è quello di verificare l’attendibilità delle informazioni sui pretesi fenomeni paranormali, stigmatizzando le falsità pseudo-scientifiche, anche attraverso la pubblicazione di una rivista: Scienza & Paranormale. Nei suoi primi dieci anni di vita, sono stati numerosi gli interventi del CICAP, pure "sul campo". Ma anche in questo caso, all’arrivo dei ricercatori, i fenomeni paranormali sparivano misteriosamente. Gli effetti poi spesso trovavano spiegazione semplicemente nell’auto-illusione (o disinformazione) dei soggetti, quasi sempre in buona fede. E ancora una volta, dopo l’ennesimo controllo… niente.

 
 
 
Se la scienza ignora i "misteri"

La nostra è senza dubbio l’era della scienza e della tecnologia, eppure, sotto molti aspetti, sembra non essere cambiato molto rispetto agli anni bui del Medioevo. Oggi come allora astrologi e veggenti hanno un largo seguito tra il pubblico, e maghi e cartomanti fanno affari d’oro.

Ovunque ci voltiamo, è facile trovare esempi di una sempre più diffusa tendenza irrazionale e antiscientifica. Come definire altrimenti la pretesa di certi gruppi di pressione di vedere riconosciute legalmente (e quindi rimborsate dallo Stato) cure "alternative" come la cristalloterapia, la pranoterapia o i fiori di Bach, del tutto prive di qualunque validità scientifica?

E come spiegare l’immediato successo di tutti quei libri che, dalle Profezie di Celestino alle Impronte degli Dei, promettono trasformazioni mistiche e improbabili rivelazioni extraterrestri?

E cosa può spingere la presentatrice televisiva Eleonora Brigliadori a invitare il pubblico televisivo a curarsi, come lei fa con sé stessa e i propri figli, con l’"urinoterapia" (cioè, bevendo la propria urina)?

E che dire di tutte quelle trasmissioni televisive in cui la ricerca spasmodica di audience diventa il pretesto per ridicolizzare il duro lavoro di tanti scienziati e la dignità di popoli ormai scomparsi? Cos’altro si può dire, infatti, di un programma come Misteri (Raitre) che dedica intere puntate a propagandare l’idea che non furono gli antichi Egizi a costruire le piramidi o la Sfinge ma probabilmente gli abitanti di Atlantide o extraterrestri di un’altra galassia?

E passano ormai quasi in sordina le tante notizie di cronaca che riguardano le quotidiane estorsioni, violenze, furti e torture psicologiche che si trova spesso a subire chi decide di affidarsi alle "cure" di questo o quel mago o santone.

Sono solo alcuni esempi, la lista potrebbe purtroppo continuare ancora a lungo. Chi possiede gli strumenti intellettuali per capire che queste cose sono solamente pie illusioni, nel caso migliore, e crudeli truffe ai danni di chi soffre, in quelli peggiori, può decidere che non c’è molto che si possa fare: idee come queste ci sono sempre state e sempre ci saranno, si potrebbe ragionare, così come ci saranno sempre i creduloni che vorranno credere a tutti i costi al ciarlatano di turno. Certo, forse egoisticamente si potrebbe scegliere di fare un ragionamento di questo tipo. Ma sarebbe un errore.

Oggi va di moda invocare il "naturale" e sparare sulla scienza, rea di ogni nefandezza: dall’inquinamento dei mari, alle piogge acide, alla minaccia di una guerra nucleare. Chi ragiona in questo modo evidentemente non ha ben chiara la differenza che passa tra la scienza, in quanto strumento di conoscenza, e l’uso che di tale conoscenza si fa, uso che non dipende dalle scelte degli scienziati, bensì dalle esigenze politiche, sociali ed economiche del momento. Su questo aspetto ci può e ci deve essere discussione. Non si può invece lasciare che uno strumento prezioso come il metodo scientifico venga attaccato e condannato senza ragione. Se questo avviene, però, bisogna chiedersi il perché. E il perché non può essere uno solo: il pubblico semplicemente non è capace di distinguere tra scienza e pseudoscienza, tra fatti e illusioni, perché nessuno glielo ha mai insegnato.

Certo, i mass media hanno una grande responsabilità nel distorcere, sensazionalizzare e banalizzare ogni notizia che riguarda il mondo scientifico; e certamente, il sistema scolastico attuale andrebbe ripensato in un’ottica più scientifica. È anche indubbio che, se il pubblico è largamente a digiuno di scienza, un po’ di colpa ce l’hanno anche gli stessi scienziati. Il lavoro di uno scienziato dovrebbe prevedere anche uno spazio per la comunicazione al pubblico dei risultati delle proprie ricerche. Inoltre, ogni qualvolta idee irrazionali e pseudoscientifiche prendono piede tra il pubblico, il mondo scientifico dovrebbe mostrarsi disponibile a verificarne l’attendibilità: nel caso si tratti di aria fritta, naturalmente, lo svelerà poi al pubblico.

Non ce n’è il tempo? È comprensibile. Ma allora perché non creare istituzioni che favoriscano la diffusione delle conoscenze scientifiche presso il pubblico? E perché non aiutare e sostenere quei gruppi e quelle associazioni che quotidianamente combattono contro l’irrazionalità?

A proposito di medicine alternative, per esempio, un’ottima idea mi sembra quella lanciata dal prof. Umberto Tirelli di creare presso l’Istituto Superiore di Sanità un ufficio sulla medicina alternativa, in grado di affrontare tutti coloro che propongono metodi alternativi per la terapia del cancro e di altre malattie. Se non raccogliamo appelli di questo tipo, prima o poi si presenterà un nuovo "caso Di Bella", con tutto quel che ne consegue.

Quando, quasi dieci anni fa, fu costituito il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), un’organizzazione volta a favorire la diffusione di una cultura e di una mentalità aperta ma critica nei confronti dei fenomeni paranormali, la reazione del mondo scientifico fu di vario tipo. Alcuni aderirono immediatamente all’iniziativa, dando anche la propria disponibilità pratica; molti altri, però, sorrisero, quasi compassionevoli: "Perché volete perdere del tempo?", era la risposta tipica. "Chi è già scettico non ha bisogno del CICAP per diventarlo di più, e chi crede continuerà a credere indipendentemente da quante smentite troverà alle proprie credenze".

Ma il CICAP è nato comunque, e in questi anni ha fatto tanti piccoli passi avanti, primo fra tutti il fatto che oggi quando nei mass media si parla di paranormale si sente sempre meno solo la voce di chi assicura che è tutto vero e documentato: adesso, sempre più spesso, anche gli scettici possono far sentire le proprie ragioni. Certo, nessuno spera di riuscire a trasformare rapidamente tutti in presone dotate di senso critico. Ma l’importante è continuare a seminare il dubbio: oltre ai seguaci dichiarati e agli scettici convinti, infatti, ci sono tante persone che non hanno un’idea chiara su questi fenomeni e che sono interessate a sapere come stanno realmente le cose in un campo, comunque affascinante, come quello dei misteri e del paranormale. Perché lasciare che i venditori di fumo, gli illusi e gli imbroglioni siano l’unica voce?

Occorre portare avanti indagini ed esperimenti seri e senza pregiudizi. E occorre anche impegnarsi per fornire al pubblico quegli strumenti concettuali indispensabili per riuscire a farsi un’opinione affidabile su fatti insoliti e misteriosi: la capacità di esaminare le prove a favore di una data ipotesi, di valutare le spiegazioni alternative, e di scegliere con cognizioni di causa la spiegazione che si dimostra più plausibile.

Se si decide di ignorare il forte bisogno del pubblico di sapere (di essere comunque informato, indipendentemente dalla qualità delle informazioni) si rischia di avere drammatiche sorprese. L’irrazionale, se lasciato senza controllo, ha la tendenza a dilagare e a invadere la società, relegando negli angoli più remoti la ragione e, in particolare, il pensiero scientifico.

È sufficiente guardare cosa succede oggi in un paese generalmente considerato all’avanguardia come gli Stati Uniti dove, però, ogni idea bizzarra ha pieno diritto di cittadinanza. Il sistema educativo americano di base è molto lacunoso, e gran parte degli americani sa del mondo solo quello che apprende dalla televisione: di conseguenza, il cittadino medio è affetto da una grande ignoranza in tanti campi, soprattutto scientifici.

Un recente sondaggio Yankelovich mostra che il 52% degli americani crede nello spiritismo, il 45% nei guaritori, il 37% nell’astrologia e il 30% negli UFO. Un altro studio, della rivista Pediatric, rivela che l’81% dei bambini che muoiono negli Stati Uniti in conseguenza dell’intervento di un guaritore potrebbe sopravvivere se ricevesse un adeguato trattamento medico. Nelle scuole americane sono sempre più numerosi i professori riluttanti a insegnare la teoria dell’evoluzione di Darwin; esistono numerosi canali via cavo interamente dedicati al paranormale, e anche le trasmissioni dei canali non dedicati ne sono infarcite; vi sono aziende che assumono i propri dipendenti sulla base di responsi astrologici e grafologici; crescono, infine, in numero e pericolosità, sette che possono rivelarsi pericolose per gli adepti come per la società tutta.

Ecco perché è importante che gli scienziati si impegnino in prima persona, e non c’è poi tanto tempo da perdere: quanti dei lettori sanno, per esempio, che in queste settimane è stato depositato alla Camera un progetto di legge (n. C3891) che recita all’art. 1 "La Repubblica italiana riconosce il principio del pluralismo scientifico come fattore essenziale per il progresso della scienza e dell’arte medica e riconosce il valore diagnostico e terapeutico degli indirizzi terapeutici non convenzionali"?

"Pluralismo scientifico"? Forse che può esistere una fisica alternativa in cui gli oggetti volano verso l’alto, anziché cadere verso il basso? E che cos’è una cura "non convenzionale"? Non esiste una medicina ortodossa e una medicina eretica, ma solo una medicina che funziona e una medicina che non funziona. Se una terapia oggi considerata "alternativa" dimostra di possedere i dovuti requisiti di sicurezza ed efficacia non può che venire immediatamente accettata, senza bisogno di "leggi speciali".

Carl Sagan, il famoso astronomo e divulgatore recentemente scomparso, nel suo testamento intellettuale, Il mondo infestato dai demoni, riassume bene il perché è importante impegnarsi tutti per la diffusione della cultura scientifica: "In una società impregnata di tecnologia come la nostra, ma sempre più assediata da nuovi profeti, impeti di irrazionalità e falsa ricerca del meraviglioso, allontanarsi dalla scienza o permettere che venga demonizzata, significa in realtà consegnarci ai veri demoni: l’irrazionalità, la superstizione, il pregiudizio, ed entrare in un’epoca di nuovo oscurantismo".

 
 
 
Mass media e paranormale

Il ruolo dell’informazione è determinante nel creare (e alimentare) credenze irrazionali tra il pubblico. Ognuno di noi, leggendo il giornale abituale, sa naturalmente che non deve prendere come oro colato ogni riga di ogni articolo; ma sa anche che, al di là di possibili imprecisioni, interpretazioni, o magari distorsioni di parte, quello che legge non è inventato o inesistente. Se lo fosse il giornale perderebbe rapidamente di credibilità. Così il telegiornale: se presentasse come reali fatti inventati o inesistenti, andrebbe subito sotto inchiesta e dovrebbe rispondere alla Commissione Parlamentare di Vigilanza.

Per le notizie sul paranormale, invece, le cose vanno diversamente.

Qui ognuno può dire o stampare quello che vuole, impunemente.

È una zona franca, dove non esiste controllo. Per il semplice fatto che non esistono controllori. E non c’è neppure una "parte lesa" che possa reagire. L’unica "parte lesa" è l’intelligenza, o anche soltanto il buon senso. Ma non si costituiscono parti civili, e quindi la porta è aperta per lasciar passare qualsiasi abuso della credulità popolare.

Ma perché i giornali pubblicano notizie che creano nel pubblico la sensazione (o la certezza) che questi fenomeni paranormali esistano?

Per varie ragioni.

1) C’è un mercato. È pieno di gente che è contenta di sentirsi raccontare queste cose misteriose ed eccitanti.

2) Si possono fare bei titoli.

3) Gli stessi giornalisti e direttori di giornali sono mediamente convinti che "ci sia qualcosa", anche se per i casi più paradossali avanzano qualche dubbio, accompagnato magari da un pizzico d’ironia.

4) Non esiste alcun controllo. Mentre per tutte le altre notizie esiste un sistema di controllo (attendibilità della fonte, verifiche incrociate, eventualmente indagini con l’aiuto di esperti, ecc.), per le notizie sul paranormale non esiste alcunché del genere.

5) Spesso queste notizie sono gestite dagli stessi sostenitori della parapsicologia. Infatti, quando in redazione arriva una notizia sindacale viene portata a un redattore che si occupa di sindacati, una notizia sportiva a un redattore sportivo, una economica a un redattore economico, e così via. Una notizia "paranormale" viene portata a un "esperto" in parapsicologia, cioè un credente. A volte un vero attivista che gestirà al meglio la notizia (in ogni giornale c’è sempre almeno uno di questi personaggi). E che naturalmente si guarderà bene dall’indagare o riportare versioni distruttive. O, magari, di riferire una successiva smentita.

Quello delle smentite è un vecchio problema per i giornali: c’è una comprensibile difficoltà psicologica, in generale, ad ammettere di avere dato una notizia sbagliata. Nel caso delle notizie "paranormali" non esiste neppure questo imbarazzo: perché nessuno protesterà. Nessuno neppure se ne accorgerà. E poi perché togliere un’illusione al lettore? E così i giornali, settimanali, telegiornali possono dare notizie impunemente false senza che nessuno reagisca. Se ciò accadesse per notizie economiche, sindacali o sportive succederebbe il finimondo.

Così, informazione dopo informazione, strato dopo strato, si forma nel cervello del lettore un orientamento a senso unico ("se si verificano così tanti fenomeni, qualcosa di vero dovrà pur esserci"). E in questa marmellata cadono non solo persone in perfetta buona fede, ma a volte persino scienziati (poiché anch’essi fanno parte del pubblico generale di fruitori di mass-media).

 
 
 
L’eterna lotta

Tratto da The Skeptical Inquirer, 1986, traduzione a cura del Prof. Augusto Camera.
 

Penso che nessuno di noi si aspetti davvero di spazzar via una volta per tutte le credenze pseudoscientifiche. Come lo potremmo, dato che tali credenze offrono agli uomini calore e conforto?

Chi prova gioia al pensiero di morire o di veder morire una persona amata? Come si può biasimare chi si convinca che esistono cose come la vita eterna e la possibilità di ritrovarsi in condizioni di gioia perpetua con gli esseri amati?

Chi si trova a proprio agio con la precarietà quotidiana della vita, che in qualsiasi momento può riservarci le più traumatiche sorprese? E come dunque potremmo biasimare chi cerchi di premunirsi contro l’imprevisto illudendosi di leggere il futuro nelle posizioni dei pianeti, nelle combinazioni dei tarocchi, o nei disegni dei fondi di caffè o nel contenuto dei sogni?

Si esamini qualsiasi tipo di pseudoscienza, e vi si troverà la coperta di Linus, il pollice da succhiare, la sottana cui aggrapparsi. E noi che cosa possiamo offrire in cambio? Dubbi e incertezze!

Per noi abitatori di un mondo razionale, è motivo di forza il capire, è gloria e soddisfazione intendere là dove la conoscenza non è ancora giunta; c’è bellezza persino nei più imperscrutabili misteri, quando essi costituiscano almeno una sfida "onorevole" per quei meccanismi del pensiero che sono contenuti nei quattordici ettogrammi del nostro cervello: misteri che si arrenderanno lealmente all’acuta osservazione e alla sottile analisi, purché l’osservazione sia sufficientemente acuta e l’analisi sufficientemente sottile.

Tuttavia c’è in questo un curioso paradosso, che mi procura una sorta di gioia sardonica.

Noi razionalisti sembriamo sposati all’incertezza. Noi sappiamo che le nostre conclusioni, fondate come devono essere su prove razionali, sono sempre e necessariamente provvisorie. L’emergere di nuovi fatti o la scoperta di qualche errore celato nelle vecchie prove potrebbero rovesciare d’un tratto una conclusione da tempo consolidata, per quanto cara essa ci sia.

E ciò accade perché una sola è la nostra certezza, e questa non si fonda sulle conclusioni raggiunte, ma sul metodo col quale le abbiamo raggiunte e, quando necessario, modificate. La nostra certezza, insomma, si fonda sul metodo scientifico e sull’impostazione razionale della ricerca.

I cultori dell’irrazionale, che per brevità chiameremo "fideisti", si aggrappano invece alle conclusioni con una tenacia trita-tutto. Essi non hanno prove degne di questo nome. Lo strumento a loro disposizione che più si avvicina a un metodo per giungere a qualche conclusione consiste nell’accoglimento passivo di giudizi, da loro considerati autorevoli. Perciò, una volta conquistata una credenza – e soprattutto una credenza rassicurante – essi non hanno altra alternativa che considerarla e difenderla a tutti i costi.

Quando noi modifichiamo una conclusione, lo facciamo perché ne abbiamo elaborato una migliore, e dunque lo facciamo con gioia, o magari con rassegnazione, se la vecchia teoria ci era particolarmente cara.

Di fronte alla prospettiva di dover abbandonare una credenza i fideisti si rendono invece conto di non avere un metodo per formularne un’altra e di non poterla pertanto sostituire se non con il vuoto. Per loro, quindi, è quasi impossibile lasciar cadere una credenza, e se vuoi tentate di sottolineare che essa è contraria alla logica e alla ragione, essi si rifiutano di ascoltare e tendono piuttosto a pretendere che voi veniate ridotti al silenzio.

Fallito ogni tentativo di giungere a una conclusione valida, costoro si rivolgono ad altri, nella perenne ricerca di dichiarazioni autorevoli: le uniche atte a metterli (temporaneamente) a loro agio.

Spesso mi vengono rivolte domande di questo tipo: "Dottor Asimov, lei è uno scienziato: mi dica, che cosa pensa della trasmigrazione delle anime?"… o della vita ultraterrena o degli UFO o dell’astrologia o di altre cose analoghe. Costoro desiderano, in verità, che io li rassicuri, dicendo che gli scienziati sono riusciti a dare un fondamento razionale alle loro credenze e si sono resi conto, e forse l’hanno sempre saputo, che in esse c’è qualcosa di vero.

Grande è la tentazione di rispondere che, come scienziato, vedo nelle loro domande un insieme esplosivo di cretinerie; ma questa risposta sarebbe solo un altro tipo di dichiarazione autorevole: una dichiarazione, fra l’altro, che essi non accetterebbero mai e che servirebbe solo ad attirarci il loro odio.

Rispondo dunque invariabilmente: "Temo di non conoscere la minima prova scientifica atta a convalidare la credenza nella metempsicosi"… o in qualsiasi altra credenza d’origine pseudoscientifica.

Delle mie risposte, certo, costoro non sono soddisfatti, ma io non ho altra scelta, a meno che non riescano a fornirmi prove scientifiche attendibili: ciò che essi non sono mai in grado di fare. Non è escluso, del resto, che la mia osservazione faccia nascere nelle loro menti un piccolo germoglio di dubbio: e niente è più pericoloso di un’ombra di dubbio per una credenza irrazionale.

Forse questa è la ragione per cui un fideista, quanto più è "sicuro" delle proprie opinioni, tanto più s’infuria nei confronti di chi esprime un’opinione diversa dalla sua. I più deliranti fideisti sono i creazionisti, convinti che il creazionismo sia verità assoluta, comunicata da Dio tramite la Bibbia. E quale fonte mai sarebbe più autorevole di questa?

Di tanto in tanto ricevo lettere di fuoco, piene di insulti e di violenti accuse, scritte da qualche creazionista. E mi viene la tentazione di rispondere in questi termini: "caro amico, sicuramente lei sa di essere nel giusto e sa che io ho torto, perché Dio glielo ha detto. Con altrettanta sicurezza, saprà anche che lei andrà in Paradiso e io andrò all’Inferno, perché Dio le avrà detto anche questo. Considerato quindi che io andrò all’Inferno, dove soffrirà inimmaginabili tormenti per tutta l’eternità, non trova sciocco coprirmi di insulti? Quanto dolore pensa che il suo sfogo rabbioso possa aggiungere alla punizione infinita che mi aspetta? O forse lei è tormentato da qualche incertezza e teme che Dio possa mentirle e ritiene di sentirsi meglio infliggendomi di persona alcune torture aggiuntive (nel caso dannato ch’Egli menta), magari bruciandomi sul rogo, come avrebbe potuto fare nei bei tempi andati, quando i creazionisti dominavano la società?"

Tuttavia non scrivo mai lettere di questo tenore: mi limito a sorridere e a strappare le lettere d’insulti che ricevo.

Ma allora non c’è nulla contro cui combattere? Dobbiamo solo alzare le spalle e dire che i fideisti ci saranno sempre e che noi dobbiamo tranquillamente ignorarli e procedere per la nostra strada?

No! Assolutamente no! C’è sempre una nuova generazione che sta crescendo. Ogni bambino, ogni nuovo cervello è un terreno in cui la razionalità può essere fatta germogliare. Dobbiamo quindi proporre il punto di vista della ragione, non per la speranza di ricostruire il deserto delle menti distrutte e bloccate dalla ruggine – impresa, questa, quasi impossibile – ma per educare e formare nuove e fertili menti.

E dobbiamo inoltre contrastare ogni tentativo messo in atto dai fideisti e dagli irrazionalisti per ottenere l’appoggio e il sostegno dello Stato. Noi non possiamo essere sconfitti con argomenti razionali, e i fideisti, comunque, non sanno usare l’arma della ragione, ma possiamo essere sconfitti (solo temporaneamente, comunque), dallo strizza-pollici, dalla gogna o dagli equivalenti attuali di questi strumenti di tortura.

Contro questa eventualità noi dobbiamo combattere sino alla fine.

 
 
 
Le pretese del Cicap

Ci sono molte più cose in cielo di quelle che riusciremo mai a capire e spiegare.

Il Cicap, il Comitato per il controllo delle affermazioni sul paranormale, ha diffuso tramite la sua mailing list la seguente notizia:

"Un simpatizzante del CICAP, il signor Gianfranco Agnusdei Pensi, ci segnala di aver preso parte il 24 Marzo '99 a un incontro pubblico in Orvieto con la medium Rosemary Altea. Al momento delle domande finali, il nostro socio si è alzato per leggere il comunicato relativo alla offerta che il CICAP ha fatto all'Altea: 2 miliardi se dimostrerà - sotto controllo - le sue facoltà paranormali. Lasciamo continuare il signor Pensi: ''Appena pronunciato il nome del CICAP i presenti hanno iniziato a contestarmi rumorosamente, impedendomi di proseguire nella lettura. La "medium" si è recata nella parte opposta della sala, abbandonando il suo posto di oratore, e gli organizzatori del convegno mi hanno tolto il microfono. La parola è pertanto passata ad altri presenti che rivolgevano alla Altea richieste di guarigione e interventi di imposizione delle mani'".

Il messaggio del Cicap commenta:

"Una vera prova di disponibilità da parte di chi pretende dagli altri mente aperta e rispetto delle proprie opinioni. Diritto che evidentemente gli scettici non possono avere".

Non c'è bisogno né la volontà di difendere la signora Altea; tra l'altro sarebbe fatica non corretta, se non altro perché non la conosciamo. Però l'osservazione del Cicap merita una risposta, generale. E' certo vero che nel campo "esoterico", "alternativo" ci sono anche diversi lestofanti e imbroglioni, persone improvvisate e incapaci. Ciò non toglie che esista un mondo che ha delle percezioni, delle prospettive inusuali, difficilmente spiegabili e provabili soprattutto agli scettici. Perché lo scettico non è come il bambino curioso disponibile a conoscere veramente, per poi magari ritenere che la cosa non lo interessa: lo scettico è prevenuto e il suo atteggiamento difficilmente lo porterà a capire. Perché molte cose vivono in un piano che richiede una dimensione allargata, un'apertura, la voglia di perdersi o di rimettersi in gioco abbandonando le solide certezze. "Il senso fisico per l'uomo è l'unico controllo del reale", scrive Kremmerz. E la scienza ufficiale occidentale è l'unica possibilità di dare un senso compiuto alle cose che si toccano. Ma, anche senza ritenere che "Dove il sapere è già presente non nasce alcuna scienza. La nostra smania di conoscenza, unica nel suo genere nella storia, non è dovuta al fatto che siamo saggi per conto nostro. Bensì alla nostra insipienza" (Keyserling), è certo che ci sono alcune realtà che non si possono provare, testare: non ancora perlomeno, non con gli strumenti di cui disponiamo e soprattutto non se ci provano gli scettici con i loro strumenti tarati "a modo loro".

Su La Stampa di Domenica 28 marzo, Piero Bianucci recensisce il libro di John D. Barrow, un noto astrofisico. Il titolo è: Impossibilità e limiti della scienza e la scienza dei limiti. Spiega il giornalista: "... c'è da dubitare che si possa capire a fondo come è fatto un palazzo stando confinati in uno sgabuzzino. Nessun cosmologo potrà mai osservare l'universo nel suo insieme, dall'esterno, né nella sua estensione spaziale né in quella temporale. Tanto meno potrà applicarvi il metodo sperimentale: il cosmo è per sua natura un esperimento unico. Ma nella scienza l'esperimento deve essere riproducibile..."

Avvisa l'autore, Barrow: "Un mondo che fosse tanto semplice da poter essere compreso, sarebbe troppo semplice per contenere osservatori in grado di comprenderlo". In parte perché alcune cose appartengono solo al Creatore, in parte perché guardiamo il mondo soltanto con gli occhi della razionalità. La conferma? Scrive Bianucci riferendosi al libro: "altri limiti intrinseci si annidano nella mente umana: dagli organismi più primitivi fino all'Homo sapiens, il cervello si è evoluto con obiettivi diversi da quelli della pura conoscenza razionale del mondo; anzi, la nostra razionalità è forse soltanto marginale, un incidente evolutivo. Ancora: ci sono limiti nella nostra logica."

La verità è questa: ci sono delle cose che si potranno dimostrare. Altre no, fino a quando non sarà necessario dimostrarle perché saranno consapevolezza comune e allora, magari, si dimostreranno anche "tecnicamente". Ciò non toglie che non siano vere e reali. Quindi, di fronte a chi non ha orecchie per sentire e occhi capaci di vedere, meglio non stare a parlare: non è tempo, si rischia solo di essere fraintesi ancora di più. Si rischia solo di aumentare la confusione.

C'è un mondo reale, molto più vasto di quello compreso nei confini della scienza: prima di trovarne le leggi, per quello che ci sarà concesso di capire, bisogna "sentirlo", viverlo, riconoscerlo.

Che piaccia o non piaccia agli scettici, le cose non possono che essere così.

 
 
 
Scettici, siete solo un fenomeno transitorio

Il pensiero di Occam è una eredità di pensiero che si lega a quello ancora più antico e obsoleto che fu di Aristotele. Entrambi sono accomunati dal comune concetto di una realtà immutabile legata alle apparenze analogiche della materia sensibile e dei suoi inevitabili limiti.

Una realtà che come recita il "rasoio di occam" non ha nulla da mostrare in più di quanto essa già mostri attraverso la manifestazione del sensibile stesso. Tutto ciò che si può immaginare e che possa andare al di là di questa realtà così concepita risulta assurdo e inutile. Perché cercare nuove ipotesi quando tutto ciò che l'uomo può conoscere è già conosciuto? Non c'è altro da fare che adattarsi a questa dimensione e vivere in armonia con le sue leggi senza perdere le proprie energie e le proprie risorse che devono essere rivolte a migliorare la dimensione del conosciuto.

Se avesse dominato questa forma di pensiero l'uomo non avrebbe mai potuto evolvere nella sua conoscenza scientifica. Non avrebbe potuto scoprire e realizzare tutte quelle innovazioni tecnologiche che caratterizzano il nostro secolo.

Einstein non avrebbe avuto assolutamente spazio per esprimere le sue teorie, l'uomo non avrebbe potuto disporre di grandi fonti energetiche e non avrebbe potuto conquistare la Luna.

Eppure nonostante questa chiarezza, ancora oggi c'è chi non riesce a capire il significato reale della scienza e si appella a impressioni personali e soggettive di un mondo che per sua sicurezza vorrebbe di natura finita, soggiogabile alle pratiche domestiche.

Come insegnano i film del vecchio West, una volta, nelle piccole e sonnolenti town, quando arrivava lo "straniero", tutti si mobilitavano per curiosità e per paura di fronte all'evento che sconvolgeva la piatta vita di ogni giorno.

Di solito, come i tanti film del caso ci informano, vinceva la paura sulla curiosità. Lo straniero era temuto, considerato un potenziale nemico, uno che non conosceva le regole della comunità ne tantomeno le storie segrete che le davano identità. Uno straniero che poteva portare indesiderata destabilizzazione del loro status quo.

Alla fine, inevitabilmente, lo straniero era respinto, allontanato dalla piccola e sonnolenta cittadina e finiva per essere invitato ad andarsene.

L'archetipo dello straniero da vedersi come potenziale nemico non era certo una invenzione di queste patetiche cittadine del West. Prima di loro già nella lontana preistoria gli uomini dei clan guardavano, ciascuno dalla propria prospettiva, con sospetto tutti gli altri uomini che incontravano o che si avvicinavano ai loro fuochi.

L'archetipo dello straniero come potenziale nemico da cui guardarsi, come possibile causa della destabilizzazione del proprio micromondo ha caratterizzato tutte le società chiuse, incapaci di assorbire nuovi individui e nuove idee temute di essere in grado in qualche maniera di destabilizzare i loro sistemi sociali sclerotizzati.

Via i negri dalla comunità bianche, via i diversi dalle comunità pie, via i poveri dalle zone residenziali dei ricchi, e avanti così…

In questo modo l'archetipo dello straniero è stato inevitabilmente radicalizzato nelle sette e nelle comunità razziste, chiuse per loro natura su se stesse e sui propri dogmi, incapaci di interagire in maniera paritaria con il resto del mondo. Incapaci di interagire con nuove esperienze.

Incapaci di assumere nuova linfa vitale hanno trovato normale respingere tutti coloro che per idee diverse o per colore della pelle non potevano essere assimilati nei loro specifici status quo in cui trovavano identità e ragione di esistere.

Si poteva pensare che con l'evoluzione dei tempi queste forme di discriminazione potessero esaurirsi come una manifestazione della ristrettezza culturale in cui erano nate. Si poteva pensare che l'idea dello straniero visto necessariamente come potenziale nemico fosse una cosa superata dai nuovi media di comunicazione e diluita nel concetto universalista di villaggio globale di tutto il pianeta.

Si pensava, insomma, ad una evoluzione delle idee e del comportamento umano.

Purtroppo l'archetipo discriminante e retrogrado dello straniero visto come potenziale nemico, nonostante l'evoluzione del pensiero, sopravvive ancora. Soprattutto sopravvive in maniera inaspettata nel mondo delle idee.

Oggi infatti, partiti, movimenti confessionali e circoli di pensiero considerano le idee diverse dalle loro come idee pericolose, da avversare a tutti costi, al di là di ogni possibile ragione. Non solo, ma anche le proposte di una modifica del loro status, invece di essere usate come occasione di evoluzione di pensiero e di operatività, vengono viste come un potenziale attentato alla loro stabilità.

Un esempio di questo straniero-nemico visto sul piano delle idee lo possiamo vedere nella "caccia alle streghe" di Hoover negli USA che sfociò nella produzione di una serie di film di fantascienza dove l'alieno, lo straniero, era sempre una minaccia della Terra, alias del sistema sociale americano.

Per colpa di questo archetipo ne fece le spese la fortunata serie di Star Trek a cui non venne perdonata l'accettazione di Mr. Spock, un alieno straniero e potenziale nemico per eccellenza, a cui, nei telefilm, si lasciava dire cose giudicate intollerabili sulla specie umana.

Qui, in questo caso, intervenne la Bible belt, la cultura bigotta e conservatrice della cosiddetta fascia biblica dell'integralismo cristiano degli USA.

Ancora oggi per molti dalle idee conservatrici, le idee nuove sono viste come un possibile pericolo e vengono bandite, ignorate, se non addirittura combattute a priori.

Tra costoro ci sono persone che tendono a rifiutare le nuove idee e a trincerarsi dietro la certezza dell'acquisito, quale evidente sicuro asilo della propria personalità di fronte al conturbante mistero della vita.

Un caso classico è l'avventura di Albert Einstein che dovette lottare contro l'intransigenza e lo scetticismo della scienza newtoniana del suo tempo prima di veder prendere in considerazione le sue tesi relativistiche.

Oggi l'archetipo primitivo dello straniero visto come potenziale nemico si è addirittura riversato sul piano della cultura costruendo il concetto di "scetticismo" come movimento di idee. Non immaginando da dove ha origine, per alcuni è diventato addirittura un metro di misura delle idee.

La tendenza culturale dello "skeptic" è molto semplice. Parafrasando l'archetipo dello straniero, quale potenziale nemico del proprio status quo, tende a rifiutare tutto ciò che non e' acquisito dall'abitudine, dalla scolastica e dal luogo comune.

Le scetticismo è divenuto una sorta di professione morale in cui perseverare senza senso e senza mai chiedersi nulla. Solo certezze e mai nessun dubbio… L'atteggiamento dello skeptic è una chiara presa di posizione a salvaguardia di quei valori morali e teoretici conosciuti e da cui trova identità e rifugio di fronte alla vastità dei fenomeni e delle esperienze dell'esistenza. Il suo operato è altrettanto semplice e si manifesta nel rinnegare tutto ciò che lui stesso mette all'indice secondo personali e complicati canoni di valutazione, ma che in sostanza hanno lo scopo specifico di difendere una precisa verità accettata a priori.

Il vecchio e sonnolento villaggio del West o l'accampamento del clan di ominidi preistorici si traveste in questo modo in verità da difendere, ma le cose nella sostanza non cambiano per nulla e non sono cambiate affatto.

Quello degli skeptics è un fenomeno singolare e per certi versi anche inquietante che segue la moda e le tendenze dei vari fondamentalismi religiosi del mondo occidentale. E proprio negli ambienti fondamentalisti e conservatori della cultura fine a se stessa prende piede e tende a moltiplicarsi. In molti paesi sono comparse addirittura delle associazioni di "skeptics". Associazioni che hanno per scopo la pratica dello "scetticismo" per salvare il mondo dall'avventuristica libertà di pensiero,

di lavorare in pratica all'indimostrabilità di quanto può essere sgradito al loro status quo invocando in proprio aiuto il senso comune della morale religiosa se non addirittura quello della scienza.

Un caso molto evidente del pensiero e del mondo immaginato dagli skeptics fu quello accaduto sotto la presidenza Reagan quando la Corte suprema degli USA, sulla spinta degli integralisti cristiani, mise all'ordine del giorno la possibilità che nelle scuole USA venisse imposta la tesi creazionista della Bibbia come realtà che si imponesse sul concetto evoluzionistico del mondo che invece era proposto dalla stessa scienza.

Come si può constatare, nonostante i millenni trascorsi, l'archetipo primitivo dello straniero come potenziale nemico è ancora vivo e presente.

Anche se oggi è sublimato dalla sua interpretazione concettuale, nulla è cambiato dai primordi della storia umana.

Ancora oggi c'è chi diffida e combatte le nuove idee intimorito dal nuovo, da ciò che può destabilizzare le cognizioni e le abitudini di vita che ha acquisito nel tempo. Diffidando al di sopra di ogni possibile e ragionevole verifica…

E non è un atteggiamento da sottovalutare. Gli skeptics non sono solo un fenomeno culturale sopravvissuto al passato. Essi, come tutti coloro che ritengono di avere una verità, con ingenuità o per trovare maggior sicurezza del proprio status, tendono a imporla al mondo in cui vivono.

Ed è tanto il polverone ambiguo che essi sollevano, soprattutto invocando l'utilità di un pensiero pragmatico, che finiscono per coinvolgere nelle loro idee anche altri che non c'entrano per nulla con il loro pensiero.

Così accade che negli ambienti scientifici, dove il pragmatismo è giustamente di casa, il pensiero degli skeptics viene sovrapposto da questi ultimi a quello degli uomini di scienza creando una pericolosa mistura per i destini dell'umanità.

È facile far confondere "scetticismo" per "prudenza". E se non si ha chiaro il problema, il gioco è fatto. Così la scienza può essere usata per argomentare il loro conservatorismo degli skeptics camuffato da metodo scientifico di ricerca e di analisi.

A questo proposito, come esempio dell'interferenza che gli "skeptics" possono avere nella società moderna, possiamo citare il caso della Brooking Institution che al momento della redazione dello statuto della NASA la invitò esplicitamente a tacere sugli eventuali incontri tra gli astronauti e civiltà aliene durante le missioni spaziali. Essa paventava il pericolo che l'umanità avrebbe potuto trasformarsi, come è accaduto per le tante civiltà che, nel contatto con nuove altre, si sono trovate a cambiare costumi e idee modificando i propri assetti di cultura e di potere.

E di esempi dell'interferenza degli skeptics nell'evoluzione dell'umanità ce ne sono purtroppo tanti. Alcuni patetici, altri decisamente preoccupanti.

Ad esempio, sul principio arcaico dello straniero-nemico applicato alle idee, la scienza dei "benpensanti" dell'800, allora non si definivano ancora come skeptics, negò per secoli l'esistenza delle meteoriti relegandole a dicerie di popolino ignorante.

Nei secoli successivi, rallentando il progresso della società, ci furono "benpensanti" o skeptics che osteggiarono l'elettrificazione delle città dichiarando che era innaturale e che non ce n'era bisogno.

Un ultimo esempio. Un altro "benpensante", alle soglie del nostro secolo, addirittura un Premio Nobel per la fisica, rinnegò e demonizzò la possibilità di ricavare energia dall'atomo.

 
 
 
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