«Avrei voluto non aver mai fatto quel "programma", ma non perché rinneghi tutto del mio passato. Narconon e Scientology sono state due delle tante esperienze che hanno fatto di me quello che sono oggi. Rinnego il "programma" perché i danni morali ed economici subiti sono stati per me più devastanti delll'esperienza stessa della droga». A parlare è Enrico Costantini, un ex di Scientology, e il"programma" a cui si riferisce è la terapia di recupero per tossicodipendenti portato avanti nei gruppi Narconon, diretta emanazione della sedicente Chiesa fondata da Ron Hubbard.
Costantini è uno dei 14 fuoriusciti che hanno accettato di raccontare la propria vicenda nel libro in uscita per le Paoline curato da Maria Pia Gardini (una delle più note ex di Scientology, oggi impegnatissima a denunciarne i misfatti) insieme con il giornalista di Famiglia Cristiana Alberto Laggia. Titolo: Il Coraggio di parlare.
Quello di Enrico Costantini è uno dei "percorsi" classici: tossicodipendente, dopo aver provato mille modi per uscire dal tunnel della droga («Non ne potevo più», racconta, «non riuscivo più a "bucarmi", tanto le mie vene erano martoriate»), è arrivato ai centri Narconon
attraverso un volantino trovato per strada da una zia. E da lì nel gruppo religioso perche, dice, il programma e solo «uno dei tanti "metodi" che questa "dottrina religiosa" usa per spingere la gente in una direzione prestabilita, il costoso "cammino verso la libertà totale" di Scientology».
Enrico non omette nulla: dalla descrizione della sudicia e umida «stanza dell'astinenza» alle ricadute nell'eroina; dalle perplessità sulle cifre fornite dai Narconon sulle persone recuperate, ai costi iperbolici: 14 milioni di lire dell'89 anticipati per entrare nel programma di recupero. «Mai avrei potuto immaginare quale "diabolica" strada avevo intrapreso», conclude Costantini.
Entrato nel Narconon-Scientology a 27 anni, ne uscirà una quindicina d'anni dopo, nel 2004, nei quali ha alternato periodi di riabilitazione dalla droga a ogni "ricaduta" all'impegno per trovare decine di giovani tossicodipendenti da convincere a entrare nei Narconon. «Lassù, in cima al "Ponte di Scientology", ti viene detto che il potere spirituale che acquisisci o ripristini ti rende simile a Dio», spiega. «In quel breve ma intenso periodo di studio, ho ricevuto decine e decine di ore della preziosissima "consulenza spirituale" e, come succede a chiunque intraprenda il cammino "spirituale", appunto, spesi decine e decine di milioni di lire in poche settimane».
«In fondo», conclude, «in questa "filosofia religiosa", mi sentivo a mio agio, come fossi ancora in "piazza": come "tossico" ero costretto alla continua ricerca di soldi, dalla necessità fisica di iniettarmi la "roba"; come scientologist avevo bisogno di denaro per la necessità "spirituale" di liberarmi non so ancora bene da che cosa. Non cambiava molto. Di certo, però, I'eroina costava molto meno».
Fino a pochi anni fa la maggior parte degli adepti entrava in Scientology attraverso II cosiddetto "test della personalità" in 100 domande, proposto gratuitamente per strada: dalle risposte emergevano immancabili problemi psicologici, per cui veniva proposto il primo corso. Oggi non è più così. Molti vengono avvicinati per mezzo di associazioni filantropiche, come i Narconon, i
Comitati di cittadini per i diritti umani o altre sigle della galassia scientologista. Altri ancora ci entrano da bambini, portatici dai genitori. È il caso di Andrea G. Trentotto anni, 14 passati in Scientology, Andrea vi si è trovato dentro a 11 anni. La sua è un'altra delle storie raccolte nel libro di Gardini e Laggia. Ed è una delle più intense. I genitori premurosi, oltre ai corsi milionari per se stessi, si preoccupavano di acquistarne anche per il figlio.
Contratto di un miliardo di anni
Ingresso da giovanissimo, rapida carriera. Andrea si trova a 15 anni a seguire corsi alla grande sede di Copenaghen. Ed ecco cosa accadde: «Il training durò un paio di mesi. Fui tenuto in una stanza per due settimane per circa tre-quattro ore al giorno, durante le quali mi impedivano di uscire e cercavano di convincermi in tutti i modi che dovevo entrare a far parte dell'organizzazione. Alla fine cedetti e firmai il famoso contratto valevole "un miliardo di anni" per tutte le mie altre prossime vite».
Andrea aveva appena iniziato il liceo artistico. Lo convinsero a smettere: frequentare la scuola era considerato un atto d'egoismo. Invece, entrare in Scientology significava aiutare il pianeta. Così si convinse a entrare nello staff. Cosa ha comportato? Turni massacranti di lavoro, nessuno stipendio (se andava bene 30 dollari la settimana), scarso cibo e un alloggio indecoroso. Ma per Andrea la questione più grave è stata il matrimonio. Sposatosi con una compagna di Scientology, in 5 anni di matrimonio la coppia non riesce a passare insieme più che qualche settimana, impegnati entrambi in "missioni" diverse in luoghi diversi. È il naufragio del matrimonio che distrugge Andrea: «Avevo soltanto ventiquattro anni», sottolinea, «il mondo mi crollò addosso. Impazzii».
Di lì a poco il giovane è fuori da Scientology, scaricato in pochi minuti. Si trova solo, senza un soldo e in depressione. «Per rivedere la luce mi ci vollero lunghi anni, l'aiuto competente di psicologi, il conforto di un sacerdote e il sostegno paziente di chi mi è stato vicino», conclude. Insomma, come dice Maria Pia Gardini: «Qualche buon motivo per entrare in Scientology ci sarà sempre, ma saranno comunque pochi rispetto a quelli che ho trovato per uscire».
Tanti anni (e tanti soldi) buttati via
Il coraggio di parlare: 14 storie emblematiche, una decina di fuoriusciti italiani,
le altre di stranieri. II libro di Gardini-Laggia (in uscita per le Edizioni Paoline) offre per la prima volta la possibilità di conoscere queste storie di speranza e delusione. Speranza di aver pensato di trovare in Scientology una strada per migliorare se stessi; delusione per essersi resi conto di aver buttato anni della propria vita, tanti soldi e spesso anche le relazioni umane più importanti.
«Quattordici storie diversissime», scrive Laggia nell'introduzione del libro, «per raccontare la stessa vicenda: quella di chi entra nel movimento, spesso con l'entusiasmo e la curiosità del neofita, spinto dalla speranza di migliorare la propria vita, di diventare un "vincente" a, piuttosto, di uscire dalla droga a da altre dipendenze, ma con il tempo scopre d'esser piombato dentro un incubo da cui è tremendamente difficile svegliarsi. Un'esperienza che, da deludente, diventa oppressiva e infine distruttiva per la propria persona e per i propri beni materiali.
È un racconto lucido e sconvolgente, quello del fuoriusciti. Tanto che ci si rende conto, pagina dopo pagina, che non c'è voluto solo il coraggio di rendere pubblica la propria storia, ma che, prima ancora, hanno mostrato un coraggio ben maggiore ad andarsene, «perché, più della scelta scabrosa di raccontare in pubblico la propria storia di scientologist, è stato difficile decidere di abbandonare un'esperienza totalizzate e pervasiva, com'è quella della sequela alla Chiesa di Hubbard, vincendo pesantissime pressioni psicologiche», aggiunge Alberto Laggia. «Infatti, come ebbe a confessarmi la stessa Maria Pia Gardini, "quando ti allontani da un culto come Scientology, spesso ne sei uscita solo con le gambe, ma la testa è ancora dentro"».
Quanti sono gli adepti dl Scientology? Centinala di migliaia in tutto il mondo, stando a quanto dichiara la stessa Chiesa. E quanti gil "ex"? Tanti, anche se è un numero difficile da quantificare. «Basta navigare "in Rete" (cioè in Internet, ndr) per cogliere I'entità del fenomeno», scrivono gli autori del libro.
Serve raccontare queste storie? Alla domanda risponde una delle protagoniste, Bryce, nome di fantasia di un ex membro dello staff di Scientology piemontese: «Non credo», dice, «che le esperienze che noi raccontiamo qui possano far aprire gli occhi a uno scientologo felice. Servono invece a infondere coraggio a chi ha dei dubbi ma ancora non riesce ad andarsene. Servono a informare famigliari e parenti su cosa sia realmente lo strano gruppo a cui ha aderito il congiunto e su cosa stia realmente facendo».
Di motivi, aggiungiamo noi, ce n'è almeno un altro: preavvertire dei rischi. Non solo del fatto che vengono messe a repentaglio famiglia e affetti, ma anche di aspetti ben più concreti e penalmente rilevanti: è del mese scorso l'ennesima vicenda giudiziaria che coinvolge Scientology. Una pesante condanna della giustizia francese: 600 mila euro di multa e una pena di due anni per uno dei massimi responsabili della Chiesa transalpina dl Hubbard. Condanna per sottrazione di decine di miliaia di euro a quattro anziani adepti, «approfittando della loro vulnerabilità», scrive il Tribunale di Parigi.
L.Sc.