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I nuovi movimenti religiosi: un fenomeno in crescita

Di Giuseppe Ferrari, segretario generale del GRIS, Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sètte.

Tratto da Jesus - mensile di cultura e attualità religiosa. N. 9, Settembre 1998.

Il proliferare delle sètte religiose e dei nuovi movimenti magici in Italia è documentato da un rapporto della Direzione centrale polizia di prevenzione del Dipartimento della pubblica sicurezza. Pur con alcuni limiti, il dossier del ministero dell'Interno ha il merito di aver aperto una discussione a livello istituzionale su un problema, quello delle sètte, la cui rilevanza sociale è destinata ad aumentare, visto che il fenomeno è in continua espansione.

Il rapporto Sètte religiose e nuovi movimenti magici in Italia, stilato dalla Direzione centrale polizia di prevenzione del Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, nel Febbraio 1998 e inviato il 29 Aprile 1998 alla Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, ha avuto nel periodo immediatamente successivo a tale presentazione un notevole impatto sui diversi mezzi di comunicazione. Ora, passato l'iniziale "clamore", ritengo se ne possa parlare con più distacco e maggior cognizione di causa.

Innanzitutto è opportuno fare un cenno alla composizione del rapporto che si può dire sia formato essenzialmente da due parti. La prima affronta la descrizione del fenomeno in generale con il relativo impatto sociale, la questione terminologica, la classificazione, la stima numerica.

La seconda, che è certamente preponderante (oltre 80 pagine sulle 105 totali del dossier), tratta la descrizione di alcune categorie generiche e di 34 nuovi movimenti religiosi (nmr) e 36 nuovi movimenti magici (nmm) presenti in Italia.

Il dossier non si presenta certo come un compendio esaustivo del mondo delle sètte in Italia, ma è indubbiamente un primo interessante approccio a questo tema da parte del Viminale. Per quanto riguarda la stima dei movimenti presenti e dei rispettivi aderenti, in esso si segnala cbe in base ai rilevamenti compiuti dalle Questure negli ultimi due anni è possibile parlare di 137 aggregazioni (76 nmr e 61 nmm) che coinvolgono un totale di 85.100 aderenti (78.500 i nmr e 46.000 i nmm). Proprio per il suo carattere di documento redatto da un organismo di polizia, mette in evidenza alcuni aspetti significativi e particolarmente originali, come ad esempio quelli contenuti nei capitoli 1 (le radici del fenomeno e l'allarme sociale) e 3 (pericoli e possibili implicazioni penali nell'attività di alcuni movimenti), oppure alcune notizie rilevabili nelle schede dei diversi movimenti.

Al contempo però presenta almeno due limiti di un certo spessore. Il primo è sicuramente quello relativo alle stime, infatti i gruppi e movimenti presenti sul territorio italiano sono certamente più numerosi rispetto a quelli indicati nel rapporto.

Per fare un esempio, in esso si afferma la presenza di 3 movimenti di matrice cristiana con 45.000 aderenti e di 28 movimenti neopagani e New Age con 3.000 aderenti. Ebbene, i movimenti di matrice cristiana presenti sul nostro territorio superano il centinaio, inoltre all'interno di questa categoria non possiamo trascurare la presenza dei Testimoni di Geova (peraltro citati in nota nel capitolo 2 del rapporto), il cui numero di aderenti si attesta attorno alle 220.000 unità. Anche il mondo New Age è indubbiamente sottostimato, perlomeno andava messo in evidenza che la nascita (e morte) continua di gruppi o centri che si ispirano alle idee acquariane, dipendenti o no da organizzazioni maggioritarie, pur rendendo difficile una stima precisa, fa ipotizzare una presenza di un numero ben maggiore di associazioni (c'è addirittura qualche parlamentare che ha parlato della presenza di ben 13.000 associazioni e di oltre 12.000.000 di clienti italiani, che fanno riferimento alla New Age e ai prodotti proposti o veicolati da quell'ambiente. Comunque, anche tale stima non è realistica, anzi altamente esagerata). L'altro limite è riscontrabile in alcune schede contenenti imprecisioni ed errori che hanno sollevato rimostranze da parte dei movimenti in esse descritti.

A parte i limiti, penso che il merito principale del rapporto sia stato quello di avere suscitato un'attenzione e aperto una discussione a livello istituzionale su una tematica come quella delle sètte che indubbiamente ha implicazioni di diverso genere e un'importanza che con il passare del tempo è destinata ad aumentare, visto che attualmente la loro diffusione è in pieno sviluppo.

Sono varie le questioni che un fenomeno di tal genere può porre ai legislatori, alle autorità giudiziarie e di polizia, agli studiosi del settore e alle persone a qualunque titolo interessate.

Tra queste possiamo evidenziare: l'opportunità o meno di ricorrere a leggi particolari per affrontarlo; la possibilità concreta che alcuni gruppi o movimenti particolarmente ambigui cerchino di ottenere agevolazioni di diverso genere o riconoscimenti giuridici per operare al riparo della libertà religiosa e sfruttare le possibilità che possono essere loro concesse da leggi correnti o ancora in discussione. Problemi di questo genere esigono indubbiamente riflessioni profonde e ben articolate; qui cercherò solo di stabilire qualche coordinata alla quale far riferimento nel prendere in esame le tematiche da essi poste.

Il Consiglio d'Europa nella Raccomandazione n. 1178 del 5 Febbraio 1992 ha affermato che la libertà di coscienza e di religione garantite dall'art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo rende inopportuno il ricorso a una legislazione ulteriore per le sètte e che anzi i problemi posti da esse dovrebbero essere affrontati con interventi di tipo educativo, comprendenti anche la diffusione di un'informazione concreta e obiettiva sulle maggiori religioni e le loro principali varianti e sulla natura e le attività delle sètte e dei nuovi movimenti religiosi. Successivamente il Parlamento europeo è intervenuto con una Risoluzione sulle sètte in Europa, datata 29 Febbraio 1996, che tra l'altro chiede agli stati membri di accertare se le rispettive disposizioni giuridiche, fiscali e penali sono idonee ad impedire che le attività di certe sètte sfocino in azioni illecite. 

Come è possibile appurare il non ricorso a leggi particolari è strettamente legato al fatto che le legislazioni correnti siano idonee ad affrontare i problemi che potrebbero sorgere dal compimento di azioni illecite da parte di alcune sètte. Ciò tiene aperto tutto un interessante campo di discussione, che può anche avvalersi dei documenti approvati dagli organismi politici europei e della Relazione sulle sètte nell'Unione Europea, datata il Dicembre 1997, e rinviata dal Parlamento europeo alla Commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni in data 13 Luglio 1998. Questo tema non ha mancato di coinvolgere gli specialisti di nuove religioni, alcuni dei quali non hanno tralasciato l'opportunità di coniare frasi ad effetto del tipo "La setta è l'altro", "Chi di setta ferisce di setta perisce", oppure "Leggi speciali contro le sètte potrebbero ritorcersi contro le religioni storiche e tradizionali", e così via.

Il corpus legislativo di un qualunque Paese non è qualcosa di statico e immutabile e non può non tener conto delle situazioni sociali che continuamente evolvono, si tratta di volta in volta di vedere se è il caso o meno di apportare correzioni, modifiche o introdurre nuove norme, improntando sempre il tutto a un profondo senso di giustizia; pertanto, se eventuali nuove leggi in campo di materia religiosa sono giuste e utili, non devono preoccupare gli aderenti a sètte o a grandi religioni.

Non ha senso opporsi toutcourt all'introduzione di nuove leggi, ma è invece fondamentale valutare l'effettivo bisogno di introdurle e in caso affermativo è ancor più importante preoccuparsi di valutare l'equità o meno delle stesse impegnandosi a far sì che siano il più possibile improntate a un profondo senso di giustizia.

Pertanto il problema va affrontato con più serenità e con mente scevra da pregiudizi o posizioni precostituite e va incanalato all'interno di un dibattito a più voci sereno e chiarificante che rigetti la camarilla accademica e che abbia come riferimento centrale la tutela della libertà religiosa non solo delle minoranze, ma anche delle singole persone. Al riguardo può essere illuminante l'intera Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, che sarebbe opportuno fosse presa come riferimento da chi nei vari campi e a diverso titolo si occupa di queste tematiche.

Al punto 4, in cui tratta la libertà dei gruppi religiosi, la Dichiarazione afferma:

"La libertà religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono in forma comunitaria (...).I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Però nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di persone prive di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto e come lesione del diritto altrui".

Queste considerazioni possono anche introdurre con efficacia una discussione sul problema dei riconoscimenti giuridici dei gruppi e dei movimenti di diversa matrice o ispirazione che si presentano come aggregazioni religiose.

Al riguardo è evidente che la tutela della libertà religiosa delle minoranze non debba comunque prescindere dal rispetto della libertà religiosa del singolo individuo da parte di ciascuna minoranza; se ciò non avviene per prassi, non è fantasioso pensare che l'aggregazione che non rispetta la persona umana, con più facilità può essere portata al coinvolgimento in attività non abbastanza trasparenti se non chiaramente illecite, pertanto diventa significativo ricordare quanto riportato al punto 4 della Risoluzione sulle sètte (29-2-1996) del Parlamento europeo, che "invita i Governi degli Stati membri a non rendere automatica la concessione dello statuto religioso e a considerare, nel caso di sètte implicate in attività clandestine o criminali, l'opportunità di togliere loro lo statuto di comunità religiose che conferisce vantaggi fiscali e una certa protezione giuridica."

 
 
 
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