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Le interviste non pubblicate: Kima Douglas

Allegato a "Bare Faced-Messiah - Il Volto Nudo del Messia", biografia di L. Ron Hubbard di Russell Miller. Kima Douglas fu Ufficiale Medico di Hubbard dal 1973 al 1980.

© Traduzione in italiano a cura di Simonetta Po, 2001

 
Kima Douglas ha fatto parte della Chiesa di Scientology dal 1968 al 1980. Era la tipica scientologist: giovane, di madrelingua inglese, istruita e totalmente dedicata. Aveva tutte le qualifiche per entrare nella élite navale fondata nel 1967 da L. Ron Hubbard: la Sea Org. Nata in Rodesia, nella sua terra aveva lavorato come infermiera e la sua esperienza venne utilizzata nel periodo in cui la salute di Hubbard si stava rapidamente deteriorando. Per sette anni, dal 1973 al 1980, ricoprì un'insolita combinazione di diversi incarichi: infermiera personale, braccio destro e confidente. Nel corso della lunga intervista con Russell Miller, giornalista e autore di Bare Faced Messiah - la biografia di Hubbard - Kima raccontò una storia straordinaria. Quanto segue ne è la trascrizione.

Chris Owen

 
 

Nastro Numero Uno - 27 agosto 1986

Agli inizi del 1968 ero molto presa dalla pittura. Stavo dipingendo un acquerello sulla spiaggia di Santa Monica quando un amico mi raggiunse dicendo: «siamo appena stati a una conferenza di Scientology. È qualcosa di straordinario - se percorrono su di te un procedimento sbagliato possono anche ucciderti». Rimasi colpita dal fatto che potesse esistere un procedimento tanto potente. Io sono sudafricana. Volevo saperne di più. Nel 1968 ero già stata sposata due volte. Uno dei miei genitori era alcolista, ero alla ricerca di qualcosa, ma non sapevo cosa. Così andai a una conferenza alla franchise [ora denominate "missioni" - ndt] di Beverly Hills e la trovai molto interessante. Iniziai a lavorarvi e conobbi Yvonne Gillham. Per dare e promuovere un'immagine tecnologica e spaziale, indossavamo tute da lavoro bianche e cappelli rigidi. Sembrava di essere a una festa in maschera.

Entrai nella Sea Org il 25 settembre del 1968. Nel 1969 Hana [Heltringham] diventò capo di AOLA [Advanced Organization Los Angeles]. Sostituiva Tony Dunleavy, di cui mi innamorai e che raggiunsi sulla nave [Apollo] a Madera nell'agosto del 1970.

Pensavo e mi aspettavo di incontrare uno psichico che riuscisse a guardarmi e a vedere ogni azione malvagia avessi commesso nella vita. Ero stata indottrinata su tutte le cose che [Hubbard] era in grado di fare. Circolavano queste voci sfrenate secondo cui se in Nevada stava per scoppiare una bomba atomica, L. Ron sarebbe riuscito a disinnescarla con il solo potere della mente. Mi aspettavo che riuscisse a guardarmi dentro la testa e la cosa mi terrorizzava ed eccitava allo stesso tempo. E poi lui era venuto a salvare il pianeta in un'epoca in cui si parlava molto di guerra atomica. Chi poteva fermare tutto questo? Ero una fedele totale. I dubbi erano "fuori etica", così li eliminavi velocemente. L'avevo messo alla destra di Dio.

Tony mi venne incontro sulla passerella e mi condusse nel suo ufficio. Stavo salendo le scale quando Hubbard uscì dall'ufficio; indossava una uniforme bianca e il berretto da commodoro, due messaggere lo seguivano. Disse: «e questa chi è?». Era un uomo aperto, gioviale, felice. Tony rispose che ero la sua futura moglie. Mi strinse la mano, era molto affascinante. Per quanto mi riguardava, ero arrivata.

A bordo c'erano solamente 108 persone. La nave era stata messa in Etica e l'equipaggio l'aveva ripulita, raschiata e riverniciata. Aveva un aspetto meraviglioso. Era il 13 agosto 1970. Andai a lavorare in cambusa perché sapevo cucinare. Qualcuno scoprì che avevo esperienza come infermiera, così mi trasferirono all'ufficio medico. Vi rimasi tre mesi, poi mi mandarono in Danimarca per occuparmi del pubblico. Tornai quando la nave era a Casablanca, Marocco; all'epoca in quella città c'era un'org che si occupava dell'addestramento delle squadre di top manager. Andava tutto bene, poi una dannata ragazzina [Susan Meister] si sparò sulla nave. Aveva preso la pistola di Peter Gillham e si era sparata in bocca. In porto c'erano malattie e LRH mi richiamò sulla nave per occuparmi dell'ufficio medico.

All'epoca ci prendevamo anche gioco del Re del Marocco. Tutto era parecchio strano. Io e Tony venimmo mandati all'Apollo Stati Uniti e io mi innamorai di un altro uomo, Carlos Gusman. Venni richiamata sulla nave. Ero fuori etica, tsk tsk. Venni assegnata a una condizione etica inferiore e per 3-4 mesi mi fecero pitturare e lustrare la nave. Ogni tanto ricevevamo messaggi di LRH su Carlos.

Jim Dincalci venne mandato in missione e io fui richiamata nell'ufficio medico, mi ritrovai a gestirlo da sola. A Sulfi il vento iniziò a soffiare contro la nave, e Captain Bill [Robertson] chiamò tutto l'equipaggio a spingere contro il molo. Sempre a Sulfi ordinò agli addetti della riverniciatura fuori bordo di non usare il cappello, e tanti ebbero un colpo di sole. Chiesi a Captain Bill di farli tornare dentro, ma rifiutò. Così diedi io l'ordine di rientrare. Ci bisticciammo, poi arrivò Hubbard che mi diede ragione.

Per due anni avevo lavorato come infermiera all'ospedale inglese di Bulawayo - ero specializzata in travaglio e parto. Riuscii a stabilire una linea di comunicazione con Hubbard. Non lo misi mai in pericolo rischiando di farlo passare per pazzo. Mi chiedevo sempre: che cosa farebbe lui in questa situazione? Eravamo circa nel 1973.

Poi Ron iniziò a soffrire di borsite alla spalla e cominciai a informarmi su che cosa si poteva fare, oltre alla ginnastica. Una cosa utile sono le iniezioni di vitamina B12. Tutti i giorni gli facevo le iniezioni, che gli giovavano, e gli facevo fare un po' di ginnastica - era sovrappeso. Guarì. Poi gli venne un po' d'influenza che lui diceva essere polmonite, ma non lo era. Riuscii a guarirlo, così divenni quella che riusciva a farlo stare bene ogni volta, e in quel modo stabilimmo affinità.

E' così che arrivai a rendermi conto che non si trattava di un superuomo, ma di un essere umano esattamente come voi e me. Iniziò a trattarmi come trattava le messaggere, mi raccontava le cose che sulla nave lo facevano infuriare. Io ascoltavo. Mi raccontava storie sulla sua infanzia, di come a tre anni domava cavalli selvaggi - ho esperienza con i cavalli, e un ragazzino di tre anni non riesce nemmeno a stare seduto in sella - ma fingeva che gli credessi. Mi disse «mi avevano fatto una sella speciale». Sapevo che non poteva essere vero, così gli facevo capire che non gli credevo. Per tre volte mi raccontò la storia del suo cavallo, e per tre volte me la raccontò diversa. Una volta era un cavallo bianco, un'altra era un palomino e un'altra era un pezzato (marrone e bianco). Più lo ascoltavo e più mi rendevo conto che aveva avuto un'infanzia infelice.

Mi raccontava molte cose sulle sue vite precedenti, di quando era stato Cecil Rhodes. Io venivo dalla Rhodesia così sapevo perfettamente che Rhodes era omosessuale e mi chiedevo come mai Ron, così moralista nell'affermare quanto fossero disgustosi i gay, potesse fare associazioni con una persona che aveva assolutamente quelle inclinazioni. Mi raccontò di essere stato la moglie di Tamerlano, di come l'aveva guardato andare verso l'ultima battaglia, di come avesse pianto e si fosse disperata. Mi raccontò di essere stato su un'astronave in avaria alla deriva nello spazio, e che poi era atterrata qui quando ancora non c'erano animali. Lui era molto abile ed era riuscito a ripararla e a ripartire. All'epoca sulla Terra non c'erano nemmeno piante, niente di niente, solo oceani qui e là. Si era reso conto delle potenzialità del pianeta così era tornato portando semi alieni e aveva iniziato a fertilizzare il Pianeta Terra; un'intera squadra di persone ai suoi ordini era venuta qui e si era presa cura delle piante istillando in esse i propri medicamenti alieni. Non vedevo ragioni per non credergli, sapevo che le piante erano state le prime forme di medicamento.

Credo che per lui queste storie fossero la verità, che le ritenesse vere. Era un ottimo cantastorie, gli piaceva, mi chiamava assieme ad altre due o tre messaggere e ci faceva sedere sul pavimento ad ascoltarlo. In quei momenti era il massimo, una figura paterna che voleva salvare la sua gente raccontando la loro storia. Ascoltarlo era bello. A modo suo era un genio, era molto intelligente e sveglio, ma non era diverso da chiunque altro.

Sapevo perché soffriva di tanto malanni - era semplicemente un uomo normale. Lui diceva invece che i suoi nemici gli convogliavano contro dell'energia negativa. Tutti i salvatori avevano avuto lo stesso problema. Molte forze gli si stavano scaraventando addosso molto pesantemente.

Quando Ron era a Queens [New York], Mary Sue si ammalò. Credo che all'epoca non avessero più rapporti sessuali da quattro o cinque anni. Io restai sulla nave per tutto il tempo in cui lui rimase via. Ricordo il giorno in cui tornò, fu meraviglioso. Passavamo davanti al suo ufficio, lui usciva e ci stringeva la mano. Non mi sembrò molto in forma, era molto nervoso. A me sembrava teso, tirato. Lasciammo Lisbona e ci dirigemmo a Las Palmas. Fu lì che ebbe l'incidente in moto. Prese la moto e scivolò su una chiazza d'olio.

Si ruppe un braccio, tre costole, era letteralmente coperto di lividi. Era un livido ambulante, si era davvero fatto male. Rifiutò di vedere un medico. Lo vidi tornare a piedi. Andò nella sua stanza, accettò di vedere soltanto le messaggere e Mary Sue. Il giorno successivo ricevette prima Jim [Dincalci] e poi me. Era sulla sua poltrona. Gli fasciammo il braccio e il torace. Eravamo a Las Palmas. Lasciammo il porto con mare forza 5. Così fasciato e legato alla poltrona, per lui dev'essere stata un'agonia. Urlava e inveiva e sbraitava, dormiva sulla poltrona. Fu un periodo di vero inferno, sei settimane terribili. Alla fine Laurel [Sullivan] andò in città e trovò un medico. Eravamo a Madera. Arrivò e ci disse ciò che tutti sapevamo. A Lisbona lo portammo a fare delle radiografie, ma le fratture avevano già iniziato a saldarsi. Non fu mai ingessato - era troppo tardi. Impiegò tre mesi a guarire. Stare con lui era terribile - un vecchio collerico, malato, arrabbiato nero, pieno d'antagonismo per tutto e tutti. La moglie piangeva di frequente. Lui spesso urlava con quanto fiato aveva in gola: «Fuori di qui!». Laurel fu bravissima, passava un sacco di tempo con lui. Per le messaggere fu un vero inferno. Passavo da lui a giorni alterni, per controllarlo. Con il braccio sano lanciava letteralmente il cibo attraverso la stanza. Le pareti erano tutte inzaccherate. Quando le cose si mettevano davvero male gli preparavo uova strapazzate all'inglese ben salate e pepate e pane tostato con burro, e del latte. Una volta addirittura lo imboccai.

A Lisbona gli prescrissero degli antidolorifici, che prese. Aveva anche preso del testosterone e diversi antibiotici. Non ho mai saputo che prendesse eccitanti o calmanti, o cose di questo tipo.

Quando il dolore iniziò a calare Ron cominciò a essere più ragionevole, e quando diventava più ragionevole lo andavo a trovare più spesso. Per tutto il tempo non si mosse dalla sua stanza. Non riusciva a stare sdraiato, poteva solamente stare in poltrona. Avrebbe dovuto farsi ingessare il braccio. All'epoca pesava circa 130 chili. Stare seduto era la cosa migliore, ma non riusciva a dormire a lungo. Per me era assolutamente stupido rifiutare cure mediche e sottoporre tutti noi a un inferno del genere. Lui diceva che i dottori erano tutti matti e l'avrebbero solo fatto stare peggio. La verità è che aveva il terrore dei medici.

Festival Rock: [a Funchal, Madera, 7 ottobre 1974]. Venni colpita e mi si fratturò la mandibola. In quel momento ero con lui. Era molto preoccupato. Ci tiravano sassi, poi sciolsero gli ormeggi in una piccola baia piena di yacht. Andammo alla deriva senza riuscire ad avviare i motori subito. Captain Bill cercava di far allontanare la gente dalle fiancate, Mary Sue era in città con alcuni altri. Un ragazzo venne colpito alla testa, si fece male. Un tizio sul molo tirò fuori il pene e iniziò a sventolarlo. Qualcuno gli tirò una manciata di viti e bulloni, centrandolo in pieno.

Il primo messaggio del Commodoro fu di urlare ciò che loro urlavano contro di noi - «Andate via - siete la CIA». Poi disse di far allontanare tutti dalle fiancate. Tirai per il braccio una messaggera per riferirle le parole del Commodoro, e il sasso diretto a lei colpì me - sentii l'osso che si rompeva. Corsi giù nell'ufficio medico e mi fasciai. Misi anche dei punti sulla testa del padre di [Fred] Hare, e lo bendai. Alla fine riuscirono ad avviare i motori, uscimmo dalla baia e rimanemmo in attesa del resto dell'equipaggio e dei rifornimenti.

Poi arrivò la burrasca. Avevamo una scialuppa che usavamo per portare a terra il materiale. Quando la scialuppa saliva con l'onda, buttavano dentro i rifornimenti - perdemmo due mucche e un maiale. Gettavano le casse delle uova, su e giù. Alla fine perdemmo anche la scialuppa e tutto il suo carico.

Nastro Numero Due

Denaro: A un certo punto accadde qualcosa - l'oro crollò - e dalla Svizzera arrivò un rapporto che indicava un cambiamento nelle leggi fiscali che avrebbe influito sulle riserve di Scientology e sul denaro di Ron. Uscì di testa, urlava e sbraitava. Corsi al piano superiore. «Hai idea di che cosa stanno facendo? Perderemo tutto. Abbiamo perso tutto! Tutto!» stava urlando con quanto fiato aveva in gola. All'epoca la nave era alle Bahamas. Gli dissi «Ok, spostiamolo». Lui mi rispose «Cosa?» e ribattei «Spostiamolo. Dove potremmo trasferirlo? Non so, forse in Liechtenstein?» Tre ore dopo mi chiamò e mi disse «Andrai a Zurigo, poi in Liechtenstein.» Aveva messo a punto il suo piano e aggiunse allegramente «gliela faremo vedere!». Tony mi aveva detto che voleva trasferire il suo denaro in Liechtenstein (aveva avuto l'eredità di sua madre). Ron mi chiese chi volevo portare con me e gli dissi che volevo Michael Douglas. Mi ordinò di prendere il primo aereo. Mary Sue voleva che venisse anche Fred Hare.

Così noi tre partimmo per la Svizzera con un ordine scritto a mano da LRH. Dovevamo prelevare contanti, dollari, franchi svizzeri, marchi - prendere fisicamente il denaro e trasferirlo in Liechtenstein. Dovevamo andare in una banca di Zurigo e prendere il denaro, ma non ricordavamo quale banca fosse. Il Liechtenstein risolse il problema accettando un assegno. Arrivati in Liechtenstein, a Vaduz ci condussero nel caveau e ci mostrarono il denaro. Franchi svizzeri e dollari. Una grossa quantità di denaro. Annotammo tutti i numeri di serie delle mazzette, era veramente un sacco di soldi, una catasta di circa 10 metri per dieci. Erano banconote di grosso taglio, biglietti da 100 dollari, marchi e franchi. Ormai eravamo arrivati a un punto in cui non riuscivamo più a stupirci di nulla. Dopo la faccenda del braccio fratturato avevamo superato i limiti del ridicolo e perso completamente il buon senso. Entrammo nel caveau, c'erano un sacco di impiegati intenti ad annotare i numeri di serie delle banconote e a contare i soldi. Le mazzette erano sigillate, ed erano i nostri soldi. Ci trattenemmo una settimana e mezzo. Ci concedemmo dei pasti squisiti. Per quanto mi riguardava, lavoravo per una banda di svitati e mi piaceva tantissimo.

Parte del denaro era intestato ad Hubbard, vidi il suo mucchio. Un altro mucchio era intestato alla chiesa. Era il mucchio più grande, ma non che quello di Ron fosse piccolo. Quando ci mostrarono il denaro sgranammo gli occhi. Ci avevano detto che l'operazione era strettamente confidenziale. Tornati sulla nave ci recammo immediatamente da lui. Voleva che gli descrivessimo la dimensione della pila di soldi. Consegnammo a Mary Sue, che era ancora a Nassau, l'elenco con i numeri di serie. Ron era molto compiaciuto, pensava di aver giocato gli svizzeri.

Un paio di settimane più tardi Ron mi disse che avrebbe venduto la nave e che ci saremmo trasferiti sulla terraferma. Io ero presidente della Pianificazione Finanziaria della nave. Il capo macchine mi disse che voleva un motore nuovo, qualcun altro voleva portare a bordo una macchina da stampa ma dissi di no - sapevo che non sarebbero stati usati a lungo.

Noi tutti lasciammo la nave e andammo a Orlando con LRH. Non so che passaporto avesse usato. Per tre mesi rimanemmo in un appartamento vista mare a Daytona. La routine consisteva nello svegliarci, occuparci delle comm[comunicazioni], scrivere un po', fare una passeggiata, guardare film alla TV. C'erano anche Mary Sue e Nicky. Quando Ron usciva lo mascheravamo un po', tipo baffi finti o un cappello strano. Era in forma e abbastanza calmo. In seguito si trasferì a Dunedin, ma ogni volta i trasferimenti erano un gran casino - dieci valige e 500 cartoni spostati in gran segreto, di notte.

Un giorno uscimmo per fare spese e al ritorno ci furono grosse discussioni. «Sento puzza di kapok! Qualcuno ha portato dentro del kapok!». È una fibra che viene usata per avvolgere i pali del telefono ed evitare che gli animali li rosicchino. L'operaio dei telefoni era stato in zona nel pomeriggio e aveva parcheggiato davanti alla finestra del suo bagno. Alla fine, quando fu trovato il "perché" della puzza, si calmò. A volte mentivo pur di fornire un "perché". Una volta trovato, lui si calmava. «Questa roba da mangiare fa schifo! Scopri perché» e allora gli dicevo che la pentola non era stata lavata bene.

A Dunedin stavamo in appartamenti piccoli e nuovi. LRH e Mary Sue vivevano in uno di essi ed entrambi avevano l'ufficio in un altro. Altri tre erano riservati a noi del personale. La cucina di Ron era in un appartamento diverso - non si cucinava mai dove lui viveva. Io ero CO HU - Ufficiale Comandante dell'Unità Domestica. Si trattava principalmente di pararsi il posteriore, riuscire a parlare più velocemente degli altri e avere le proprie linee di potere ben sincronizzate con quelle del vecchio.

Ron era molto brillante e carismatico, me ne rendevo conto. Ma a quel punto mi faceva una gran pena perché mi ero resa conto che c'era qualcosa in lui che non era mai realmente cresciuto. Tutte le frottole sulla sua infanzia, il rifiuto di riconoscere la seconda moglie e la figlia nata da quel matrimonio. Aveva bisogno di avere persone intorno che lo proteggessero. Da Sara e Alexis, ad esempio. Lui mi disse che Sara aveva mentito spudoratamente, «chiunque può vedere che [Alexis] non è mia figlia.»

A Dunedin tutto andò bene fino a quando non arrivò un giornalista. LRH si agitò come non l'avevo mai visto da anni. «Ce ne andiamo immediatamente. Chi vuoi portare con te?» mi disse.

Prendemmo la sua Cadillac e ci dirigemmo verso Orlando. Michael guidava. Arrivammo in un motel, forse un Great Western. Ron mandò Michael a telefonare a Mary Sue. Lei aveva trasferito il suo ufficio e quando Michael tornò per riferirglielo, Ron iniziò a piangere. Era una situazione irreale. Piangeva, aveva gli occhi pieni di lacrime e non sapevamo che cosa stesse succedendo. «Se ha trasferito l'ufficio significa che è arrivato qualcuno. Significa che è tutto perduto. Non lo capite? Non capite che è tutto perduto?» Michael uscì per chiamare di nuovo e chiedere perché Mary Sue si era trasferita. Sembrava che Ron stesse per avere un attacco di cuore da un momento all'altro. Mary Sue rispose semplicemente che si era trasferita per stare più comoda. Il nuovo ufficio era migliore ed era nell'appartamento accanto. Ron si calmò e andò a dormire.

Il mattino seguente disse: «dobbiamo andarcene immediatamente. Dobbiamo cambiare automobile.» Michael uscì per comprarne una. Avevamo con noi una valigia con 25.000 $, gliene diedi 5.000 per un'automobile. Trovò una grossa Chevrolet grande abbastanza per tutti i bagagli. Ron aveva cinque valige, noi ne avevamo una in due. Abbandonammo la Cadillac. Al motel ci eravamo registrati sotto falso nome - lui era mio padre.

Puntammo su New York. Fu uno dei viaggi peggiori. Ron stava sul sedile posteriore e ogni volta che vedeva una macchina della polizia iniziava a urlare: «eccoli! Ci stanno cercando!». Così ogni volta che vedevamo una macchina della polizia abbandonavamo l'autostrada e ci fermavamo continuamente.

Rimanemmo per strada 3 o 4 giorni. Continuava a dire: «dobbiamo arrivare a NY!» ma più ci avvicinavamo più ero preoccupata. Sapevo che Ron era predisposto all'influenza, dovevamo stare attenti ai colpi d'aria e cose del genere. Fumava come un pazzo - tre pacchetti al giorno. Arrivava a metà della sigaretta e la gettava via. Arrivammo a New York e lo convinsi a tornare indietro a Washington. Ormai era come un bambino, mi diceva: «fai quello che vuoi». Una volta scese dall'auto ed iniziò a picchiare i pugni sul tettuccio. «Signore, rientri nella macchina. Va tutto bene» gli dissi. Iperventilava e respirava a fatica. Faceva davvero paura. Arrivammo a Queens dove aveva già vissuto in precedenza, e in quel momento ci passò sopra un aereo che scaricò un sacco di robaccia. Glielo feci vedere, dicendogli: «Signore, non le farò questo. Non può rimanere in questo posto». Lui mi rispose: «fai quel che ti pare» così girammo l'auto e tornammo verso Washington, DC. Lo piazzammo in un albergo e uscimmo in cerca di una casa. L'hotel era sulla Capital Beltway.

Trovai una casa di pietra molto vicina all'org, a 5 o 10 isolati dall'org. L'affittai per 1.300 $ al mese. Feci venire le messaggere, Jim Dincalci e un paio d'altri. In quel periodo - a nostra insaputa - stava iniziando [l'operazione] Snow White. A Washington qualcuno stava spulciando gli archivi del governo e si portava via della roba. Quanto ne sapeva LRH? Riceveva quotidianamente lettere e rapporti da MSH [Mary Sue Hubbard]. Sapeva tutto. Lessi una delle lettere di Mary Sue, un rapporto che Ron mi diede da leggere. Il rapporto che lessi parlava della cattura dell'uomo, di quando aveva iniziato a parlare. Sostenere che Ron non ne sapeva nulla è una vera fesseria.

Madrid: assieme a una ragazza di nome Jill mi recai sulla Costa D'Oro in Africa per registrare tre aziende, una era il progetto "Snow White" per raddrizzare e ripulire lo sporco intorno a Scientology. L'incaricato era Fred Hare. Dovevo registrare queste tre compagnie. Arrivammo a Madrid. Ci recammo all'appartamento. A Madrid avevamo un ufficio addetto alla corrispondenza e mi diedero della posta da portare sulla nave. Il mattino successivo venni arrestata all'aeroporto. Mi portarono in un ufficio dove c'erano 15 cartoni di nostra corrispondenza che avevano prelevato dall'aereo. Mi portarono in prigione, mi misero in isolamento e mi interrogarono per due giorni. Vi rimasi una settimana.

Nastro Numero Tre

Venni a sapere di Snow White sulla nave.

Avevamo lasciato il Portogallo [Funchal] per via del gruppo comunista. Ero sul ponte a medicare la gente quando un proiettile mi sfiorò. Richiedemmo visti e documenti per andarcene.

Washington, DC: In sostanza, il rapporto di Mary Sue diceva che avevano catturato quest'uomo che prelevava dagli uffici fiscali tutte queste informazioni per noi. Ovviamente non si trattava del primo rapporto. Ron era molto agitato, mi chiese: «che cosa devo fare adesso?» e mi mostrò il rapporto.

Tutti i giorni faceva una passeggiata in questo parco di Washington dove si addestravano gli agenti del FBI. Aveva una macchina fotografica con gli obiettivi che fotografavano ai lati. Andava in questo parco e faceva foto agli agenti. Gli dissi che era follia allo stato puro. Quando usciva si vestiva strano e si raccoglieva la chioma dentro al cappello. Sembrava un vecchio barbone, ma lui pensava di essere bellissimo. Mi raccontò che a Hollywood, quando se ne andava in giro per Los Angeles, gli piaceva avvolgersi uno scialle sul capo tipo uno swami.

Mi mandarono in missione per cercare una fattoria dalle parti di Santa Barbara - trovai questo posto meraviglioso da 4 milioni di dollari. Aveva una spiaggia privata, era stato di proprietà della Esso Oil. Ron lo ritenne troppo costoso così iniziammo a cercare dalle parti di Palm Springs.

Poi andai con lui a Los Angeles, volo in prima classe con nomi falsi. Ron guardò un film di alianti e si divertì moltissimo. Qualcuno che salvava qualcun altro in Grecia. Era molto rilassato. Andammo a stare in 6 o 7 appartamenti adiacenti.

Il GO [Guardian's Office] acquistò la proprietà di Palms e anche quella confinante di La Quinta. Andammo a vedere la proprietà a bordo di una Cadillac rossa decappottabile, Ron guidava, aveva questo cappellino folle - gli piaceva tantissimo. In fondo alla strada c'era la Rifle house che venne acquistata per lui. Non gli piaceva la grande casa sulla prima proprietà. The Rifle venne acquistata per 180.000 $ nel 1975 o '76. Il trasferimento non fu impresa da poco.

Fucili e pistole scomparsi: LRH aveva una mitraglietta Uzi, un paio di .303, un paio di .22, una Luger color argento, quattro pistole da cowboy a sei colpi e due piccole rivoltelle da borsetta. Quando lasciammo Dunedin le armi andarono perse, non so come. Il GO cercò di accusarmi di averle lasciate là intenzionalmente. Tutte le armi erano state portate illegalmente nel paese - alcune non erano registrate, altre erano registrate a nome di LRH. In quel periodo Ron iniziò a essere sospettoso, a chiedersi se stavo veramente dalla sua parte.

Ogni volta che non gli piaceva un piatto urlava: «qualcuno sta cercando di avvelenarmi! Trova il colpevole!» Così io "trovavo" il colpevole. Era davvero sospettoso. Cambiava di continuo i turni di guardia.

Quando ci trasferimmo a La Quinta guidò personalmente mentre i camion con il materiale arrivarono in tempi diversi, per strade diverse per non attirare l'attenzione. The Rifle era casa sua, l'ufficio comunicazioni era a Olive Tree Ranch mentre noi vivevamo a Palms. Adesso è un albergo. C'era una piscina con una palma in mezzo. Il posto era molto carino, ma noi eravamo troppi. A un certo punto eravamo 120 persone in una edificio con quattro camere da letto, più un cottage da 4 persone. La casa era adibita a uffici - i dormitori erano stati ricavati nella vecchia fabbrica dei datteri, le condizioni erano disastrose.

Curaçao: Arrivammo a Curaçao con la nave. Un giorno il Commodoro era fuori a fare fotografie. Mary Sue mi chiamò dicendo: «vieni subito, il Commodoro ha un aspetto terribile». Entrai nella sua stanza e pensai: «Cristo Santo, sta morendo!» Era molto pallido, il polso irregolare. Gli dissi che aveva in atto un attacco di cuore e che l'avrei portato all'ospedale. Ordinai di chiamare un'ambulanza, ma lui me lo proibì. Gli risposi che non me ne importava nulla. In ambulanza ebbe un'embolia. Quando arrivammo all'ospedale i medici erano molto preoccupati e dissero che non c'erano molte speranze. Iniziarono a somministrargli anticoagulanti e si riprese. Mi presi totale cura di lui - gli facevo da infermiera, gli trovai una stanza privata, gli portavo il cibo direttamente dalla nave. Tutti i giorni per 3 settimane feci la spola tre volte al giorno dalla nave all'ospedale, che era distante quasi 20 chilometri. Gli preparavamo contenitori caldi e freddi. Le messaggere mangiavano il cibo dell'ospedale. Fuori dalla sua porta c'erano 3 messaggere, 24 ore al giorno. Ricordo quando si riprese, era seduto sul letto e mi disse: «mi hai disobbedito». Gli risposi «Signor sì, Signore, l'ho fatto e lo farò ogni volta che la sua vita è in pericolo». Disse che non era stato malato così gravemente. Gli risposi: «non ho voglia di litigare. Chieda al medico». Il dottore gli disse che se non fosse stato ricoverato sarebbe morto nel giro di 2 o 3 ore. Gli dissero che avrebbe dovuto prendere anticoagulanti per sempre, ma a Los Angeles smise di prenderli.

La Quinta: Iniziammo a fare riprese cinematografiche nel deserto con temperature di 45 o 50° C. Avevamo una motor home con aria condizionata, ma dovevamo spegnerla durante le riprese per non influire sul sonoro. Nel 1978 Ron iniziò a dare davvero i numeri.

La morte di Quentin: Gli avevo portato la colazione nel suo ufficio a The Rifle. Ron vide le messaggere correre avanti e indietro e chiese che stesse accadendo. Cercai di distrarlo, poi entrarono Nicky e uno del GO e gli diedero la notizia. Il certificato di morte diceva che nel retto di Quentin era stato rinvenuto dello sperma e che era morto per aver respirato del monossido di carbonio. La prese ragionevolmente bene, non pianse e non si fece prendere dall'emotività. Mi gettò il certificato di morte dicendomi: «leggi qui», poi andò da Mary Sue, che iniziò a urlare. Urlò per dieci minuti, in ginocchio sul pavimento. Quentin era il suo preferito. Urlava, urlava - non riuscivo a credere che avesse tanto fiato nei polmoni. Fu terribile. L'unica volta che l'avevo vista piangere era stato quando le era morto Vixie, il suo cagnolino, e gli avevo fatto la respirazione bocca a bocca. LRH tornò e mi disse: «l'ha presa molto male». Era furioso, veramente arrabbiato per ciò che Quentin aveva fatto. Lo sperma nell'ano non migliorò la situazione. Quando dopo un paio di mesi rividi il certificato di morte di Quentin, ogni riferimento allo sperma era sparito. Vidi un terzo certificato di morte che diceva: «cicatrice sul cuore, causa di morte sconosciuta». Avevo sempre pensato che Quentin fosse omosessuale. Stava cercando di uscire dalla chiesa.

Era un ragazzo veramente infelice. Con la tech era bravo. Il padre però l'aveva crocifisso - l'aveva sottoposto a comm-ev [processo di Scientology], gettato sul RPF [lavori forzati], dichiarato out-tech [eretico]. Non era un ragazzo dall'atteggiamento virile. Era un ragazzino solo, allo sbando. Sapeva che non avrebbe mai potuto competere con suo padre. Era in una situazione perdente. Hubbard l'aveva messo in isolamento dopo un tentativo di suicidio e poi l'aveva buttato sul RPF.

La Quinta: non andavo a tutte le riprese, solo ad alcune. Questo accadde dopo la morte di Quentin. Quel giorno faceva veramente fatica a respirare. Era dimagrito molto, pesava sui 90 chili. Iniziò a respirare affannosamente, aveva la bava alla bocca. Mi disse: «non sto bene» e lo accompagnai a casa. Aveva la pressione 230 su 140. Il battito irregolare. Tornammo a The Rifle e gli dissi che dovevo portarlo all'ospedale. Mi afferrò il braccio dicendo «Questa volta NO!».

C'era appena stato il raid del FBI [1977] e le cose andavano veramente male. Pensai che che stesse morendo. Non sapevo se dargli o no delle pillole. Glielo dissi e lui rispose: «se muoio, seppellitemi nella piantagione dei datteri». Gli diedi una overdose di pastiglie perché era quanto avevano fatto a Curaçao. Non lo lasciai per 48 ore di filato. Entrò in coma. Avevo pronto un defibrillatore. Lo guardavo entrare e uscire dal body. Avevo la mano pronta sul telefono per chiamare l'ambulanza, era una situazione assolutamente fuori dalla realtà.

Telefonai a Do [Doreen Smith, una delle "messaggere" adolescenti di Hubbard] a Los Angeles e le dissi: «mandami un medico, assicurati che sia uno scientologist, mettigli una benda sugli occhi e mandamelo qui, hai 12 ore di tempo.» Dopo 50 ore arrivò il Dott. [Eugene] Denk con un elettrocardiografo. Prese in mano la situazione e mi disse: «siete pazzi, siete completamente pazzi». Dormii per 24 ore di fila e quando mi risvegliai Ron aveva iniziato a riprendersi.

Un mese dopo ebbe un'infezione renale e lo mettemmo sotto antibiotici. Gli feci un altro esame, trovai un altro batterio e io e Jim venimmo messi sul RPF per aver trovato un altro batterio.

La franchise di Orange County iniziò la sua guerra contro la chiesa. Vedevamo gente con macchine fotografiche aggirarsi intorno alla sede invernale. Ron mi disse di andare a cercare un'altra proprietà. Nel frattempo ne avevo acquistate altre due, Orange e Lemon Farm, e 20 acri di terreno per gli alloggi del personale. Mi rivolsi a un agente immobiliare, gli dissi che mi chiamavo Kima Churchill, ero rodesiana e stavo cercando una proprietà per diverse persone che stavano arrivando dall'Africa. Trovai una proprietà in vendita giudiziaria a Gilman [Hot Springs], andai in tribunale e partecipai all'asta, me l'aggiudicai per 1,7 milioni di dollari. Non ero stata autorizzata a superare la somma di 1,3 milioni e quando lo dissi a Ron, lui uscì dai gangheri. Però sapevo che un costruttore era interessato all'acquisto allo stesso prezzo.

Lasciammo La Quinta. Era stata acquistata per 1,3 milioni e la rivendetti a 4,8 milioni di dollari. Ricevetti un bonus di 900 dollari. All'epoca la mia pay era di 17 dollari la settimana.

Viaggi bancari: prima andammo a Zurigo. C'era più contante di quanto noi tre riuscissimo a trasportare, era troppo pericoloso. Chiedemmo alla banca di occuparsi del trasferimento. Avevamo ricevuto istruzioni di portare il denaro da Zurigo al Liechtenstein. Ron voleva che i soldi fossero nel caveau della banca, intendo fisicamente lì. Quando scendemmo nel caveau i soldi erano impilati su scaffali di legno e gli impiegati stavano annotando i numeri di serie. Fred e Michael controllarono gli elenchi per essere sicuri che i numeri corrispondessero.

Nel 1972 avvenne un episodio e vennero richiamati i folder [cartelle di auditing] di LRH. Otto [Roos] richiamò tutti i suoi folders per vedere se erano state percorse liste sbagliate, perché Ron aveva dei problemi. Credo che avesse solo l'influenza. Ron era ipocondriaco e per lui il più lieve dei raffreddori diventava una polmonite. Otto trovò qualcosa, non so che cosa, le messaggere correvano come forsennate. Trovò delle informazioni su Ron, cosa che lui non gradì. Ron aveva l'abitudine di non buttare via nulla. Otto ebbe guai seri. Quando percorri una lista su qualcuno trovi sempre qualcosa che ti sconvolge.

Nastro Numero Quattro

Durante l'auditing tutto viene annotato nelle cartelle, letture del meter eccetera. Si possono fare controlli per cercare item [voci] sbagliate. Con il progredire della tech molte informazioni vennero alla luce solo in seguito. Potevano essere stati mancati degli item. L'idea di ripassare tutti i folder di Ron era sensata. Ma Otto trovò "letture riprovevoli". Forse aveva avuto delle letture [movimenti dell'ago] su withhold [azioni "contro sopravvivenza" non rivelate - ndt]. Una lettura veramente riprovevole era quella chiamata "rock slam" - quando l'ago sembra impazzito.

La Quinta: Recitai in uno dei film di Ron. Gli piaceva quel che faceva, ma era frustrato e per la maggior parte del tempo era molto irritabile. Caldo e sudore ci facevano colare il trucco, i costumi non andavano mai bene. Ron voleva fare film da portare a Hollywood. Ma erano orribili. Giravamo ogni giorno.

Mi alzavo verso le 7,30 - 8, quando si svegliava lui. Impiegava circa mezz'ora per vestirsi e lavarsi. Indossava diverse camicie prima di trovare quella che secondo lui non odorava di detersivo. Ogni giorno dovevo fare la scenetta delle camicie, scartavo le prime fingendo che puzzassero, poi trovavo quella "perfetta". Poi lasciava il cottage per l'edificio principale, a volte faceva due o tre giri intorno alla piscina. La colazione durava un'altra mezz'ora. Iniziava con cereali, frutta, uova e pancetta, una frittella. Di solito faceva colazione con Mary Sue, ma quando lei non c'era mangiava con una delle messaggere. Poi si occupava delle comm nel suo ufficio. Passava la giornata sul set e tornava verso le 22,30. Avevamo sempre pronta la motor home per accompagnarlo ovunque volesse andare. Il pranzo gli veniva portato sul set. Era sempre seguito dalle automobili delle messaggere. La troupe era già sul posto in attesa. Dovevano girare un sacco di volte perché non era mai soddisfatto. Pranzava nella motor home alle 12,30, poi faceva un pisolino. Alcune volte la giornata finiva con un well done, ma più spesso era nervoso e arrabbiato, e sbraitava: «tornerò qui domani, e voi fate in modo che tutto funzioni!».

Poi finiva la serata nel suo ufficio. Dopo il raid del FBI aveva detto a Mary Sue di prendere tutta la roba del GO e andare via. Kei si era trasferita a Los Angeles. Ron scriveva spesso a Mary Sue. Continuava a dirmi che lui era all'oscuro di tutto e che Mary Sue l'aveva messo nei pasticci. Capii che avrebbe scaricato su di lei l'intera responsabilità della faccenda. Poi, quando ci trasferimmo nella sede estiva di Gilman Hot Springs, iniziarono ad arrivare lettere di Mary Sue con un sacco di cattive notizie, e lui non le voleva leggere. Le messaggere le riscrivevano eliminando le cattive notizie e gliele davano tutte ripulite.

Gli ultimi tempi a La Quinta la sicurezza aumentò molto. Ron si faceva sempre accompagnare da un energumeno di HCO [Hubbard Communications Office]. I confini erano sorvegliati a vista e di notte c'erano due sentinelle.

Organizzavo gli incontri con Mary Sue, principalmente per il compleanno di entrambi o dei ragazzi, e per il Labor Day. Gli incontri di solito avvenivano nella casa di Gilman. Mary Sue arrivava all'hotel di Riverside, io l'andavo a prendere e la portavo alla sede estiva dopo aver fatto un lungo giro. Una volta per il compleanno di Arthur gli regalarono un piccolo camper Toyota. I regali erano estremamente prodighi. A Suzette regalarono un'auto Firebird. Non mi sembra che Mary Sue fosse mai più tornata a La Quinta. Hemet era una località supersegreta. Si incontravano a Gilman, che per noi era la sede estiva.

La partenza da La Quinta: ce ne andammo quando la franchise di Kemp iniziò la guerra con il GO, e quelli della franchise iniziarono a girarci intorno facendo foto. Cercavano di riprendere LRH. Significava che tutti i nemici sapevano dove eravamo. Così ce ne andammo, LRH, Michael ed io. Avevamo un grosso furgone bianco con un letto sul retro. Michael si mise alla guida e Ron se ne stava sul retro. Fuggimmo per le montagne, molto velocemente. Erano strade strette, piene di tornanti. Ron continuava a urlare «Più veloce, più in fretta! Dobbiamo andarcene di corsa! Sto male!».

Quella sera stava facendo una passeggiata con una messaggera ed aveva visto delle persone sospette. Era rientrato come una furia, urlando: «dobbiamo andarcene immediatamente!». Partimmo verso le 9. Dormimmo in un motel in mezzo ai monti. Il giorno successivo arrivammo a Hemet e ci stabilimmo in uno squallido motel sul lago. Vi rimanemmo un mese. Intanto io cercavo una sistemazione più adatta. Alla fine trovai un edificio nuovissimo nei pressi di Florida Street e affittai 5 appartamenti. Alla fine ne prendemmo 7 o 8. Lui non riusciva a vivere nei piccoli spazi, voleva sempre avere con sé la sua attrezzatura e anche compagnia. Aveva 40 scatoloni pieni di attrezzatura fotografica e 16 scatoloni per le pellicole.

Ron aveva il suo appartamento privato in cima alle scale, adiacente all'ufficio delle comunicazioni esterne. Arredai gli appartamenti e feci arrivare la sua attrezzatura da Gilman. Per un po' stette tranquillo. Facevamo tutto in gran segreto. Michael fungeva da ufficiale delle finanze e ufficiale delle comunicazioni. Ron gli diede un milione di dollari dicendo di metterli a frutto. Michael li investì in oro, argento, diamanti, azioni petrolifere e azioni straniere arrivando a 3 milioni di dollari. Ricevette un bonus di 1000 dollari. Quando io e Michael lasciammo Scientology avevamo intestati a nostro nome circa 500.000 dollari in diamanti e monete d'oro e argento. Forse erano 700.000 dollari - in banca c'erano cinque sacchi di monete d'oro. Una sera che un titolo era sceso, Ron mi lanciò addosso una bistecca e spinse Michael sulle braci del camino. Più tardi, a letto, iniziammo a chiederci «perché restiamo qui?». Quattro mesi dopo ce ne andammo.

Prima di andarcene gli riportammo la sua roba. Ritirammo i preziosi dalla banca e li mettemmo in due grosse casseforti che avevamo fatto installare nella sua casa. Fui veramente contenta di rimettere tutto nelle sue mani.

Quando eravamo a Hemet gli piaceva uscire in incognito, così si vestiva in modo strano. Aveva i capelli lunghi e gli applicavamo lunghe basette finte sulle guance. Indossava un largo cappello da cowboy. Usciva sempre accompagnato da due o tre ragazze. Nessuno avrebbe potuto scambiarlo per un residente locale, ma lui era convinto di confondersi alla perfezione. Comunque non appariva mai come una persona comune - aveva una sorta di aura, di beingness. Aveva potere. Da lontano le basette sembravano vere e faceva impressione con il suo cappello e la sua camicia da cowboy. Avrei preferito che vestisse in modo ordinario, ma lui non voleva. Era molto vanitoso, indossava il cappello sulle ventitré e voleva sempre mostrare una certa eleganza. Gli avevamo anche tinto i sopraccigli. Volevamo essenzialmente mascherare il rosso, loro colore naturale. Non entrava mai nei negozi, gli piaceva passeggiare sul corso principale. Aveva una messaggera al suo fianco e altre due li seguivano. Erano ragazzine molto carine, in calzoncini bianchi. Non c'erano implicazioni sessuali. Non le toccava o cose di questo genere. Forse c'era un po' di voyeurismo, gli piaceva guardarle in quei loro top attillati e calzoncini bianchi. Ma non ci furono mai ammiccamenti o cose del genere. Mai.

Gli piaceva andare negli aranceti su in montagna e fare fotografie. Faceva migliaia di scatti. Quando iniziò a girare i film a Gilman la sicurezza aumentò spaventosamente - c'erano in giro guardie armate. Quando Michael si spostava tra Hemet a Gilman faceva un lungo giro di 120 miglia. Non c'erano comunicazioni dirette. Lasciammo Scientology nel gennaio del 1980.

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Sulla nave il vano delle catene era spazioso, illuminato solo dall'apertura in cui scorreva la catena dell'ancora. Per gabinetto si usava un secchio. So che vi furono rinchiusi anche bambini, e vi furono tenuti durante la notte.

Vidi Ron fisicamente violento due volte. Una volta schiaffeggiò sul viso un ragazzo che aveva osato rispondergli, poi lo prese a calci. Un'altra volta eravamo alle Azzorre - 1973/74 - e c'era vento forte. Stavamo incrociando sottovento e non riuscivamo ad entrare in porto. Fu una burrasca molto violenta. Ricordo che venni svegliata dalle messaggere che correvano avanti e indietro - io dormivo sotto l'ufficio del Commodoro - sentivo i loro passi correre su e giù. Guardai fuori dall'oblò e vidi che eravamo stati spinti contro un'isola. Sentivo il vecchio urlare come un forsennato. Mi vestii in fretta, mi stavo ancora abbottonando l'uniforme quando arrivai in plancia. Il Commodoro aveva preso a pugni il timoniere, si era messo alla ruota e stava girando la nave. La chiglia grattava sulle rocce. Quasi ci incagliammo. Avevamo otto turni al timone, alcuni conoscevano il mestiere, altri no. Girò la nave, poi mi affidò il timone. Mi stava a fianco con una mano sulla mia spalla, osservava i miei movimenti e mi parlava in tono tranquillo. Il tizio che aveva preso a pugni era fuori sul ponte. Ron disse di farlo rientrare. Gli disse: «mi spiace, ma era necessario». Il timoniere gli rispose «Signor sì, Signore. Lo so». Il Commodoro rimase con me fino alla fine del turno. Tutti sapevano che LRH era in plancia e che tutto andava bene.

 
 
 
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