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Le vecchie bugie della nuova pace

Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic.

Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini.

© Der Spiegel - La Repubblica.

BELGRADO (11 GIUGNO) - Che dirvi? Abbiamo vinto. E non è stata solo una vittoria morale, ma anche militare. Abbiamo battuto il nemico e siamo in trionfo. Il futuro è luminoso, il paese lo ricostruiremo già in questo fine settimana. Le conseguenze della guerra non esistono. Il numero delle vittime è trascurabile, quindi nessuno rende pubblici i loro nomi.

Adesso è mezzogiorno di una giornata belgradese piena di sole ed adesso inizia la notte. Perché qui da noi a mezzogiorno inizia la notte.

In ricordo del trionfo, il bimbo di una coppia di miei amici si mette a sanguinare dal naso ogni volta che sente un rumore più forte del normale. In omaggio alla vittoria, mia sorella sta riparando il tetto di casa. Come souvenir di questa brillante guerra un mio amico ha deciso di lasciare le schegge di proiettile cadute nel suo balcone. Le rose fioriscono a Belgrado, ma sono le rose selvagge che nessuno ha piantato, un vento caldo soffia tra i resti della città, si sente l'odore della terra bruciata e il profumo di libertà.

Il popolo, così ci dicono, è stato il protagonista di questa guerra. Il popolo ci ha spinto in guerra, il popolo ha combattuto, il popolo ha vinto. Ma non il popolo intero, soltanto i prescelti. Il popolo che fuggiva, salvando i propri figli e la propria vita, invece, non merita la vittoria. Sono i vigliacchi, quelli che invece di ballare sui ponti e nelle piazze felici di essere bersagli viventi, sono fuggiti all'estero, a riscaldarsi al sole straniero.

Ma anche il popolo che è rimasto qui, dicono, non è tutto degno di lode. C'è anche qui il popolo dei traditori, "prostituiti al servizio degli stranieri", critici e scettici, che si sono opposti alla guerra. Anche loro non meritano la libertà.

E poi c'è il popolo con i soldi nelle banche estere, il popolo che usa le macchine di lusso e indossa pellicce d'astrakan, il popolo con sigari e bicchieri di whisky tra le mani, quello delle operazioni estetiche fallite, quelli con il fondoschiena enorme e le pance gonfie, che per colazione divorano il caviale rosso, il popolo senza faccia, pudore, e vergogna, quel popolo ha raggiunto invece la vittoria al sicuro.

Nascosto sotto i tavoli nei casinò privati, nei letti con le prostitute private, nei sotterranei delle loro ville, questo popolo speciale adesso sta uscendo in pieno sole, tenendo gli occhi socchiusi davanti alla luce forte del giorno, nascondendo le occhiaie dovute alle notti senza sonno, mettendo la cipria sui volti senza vergogna, versando il profumo sui corpi puzzolenti: e in ginocchio, ma raddrizzati, sparano le raffiche di mitra verso il cielo, celebrando la loro vittoria.

Quando, durante la guerra in Bosnia, era rimasto distrutto il vecchio ponte secolare, il famoso ponte di Mostar, il generale criminale che ne aveva ordinato la distruzione si era rivolto al popolo con queste parole: "Costruiremo un ponte piu bello e più vecchio!".

Oggi il popolo ascolta la stessa canzone, la Serbia è distrutta, eppure: "Costruiremo una Serbia più bella e più vecchia!". E finché non la costruiremo, finché non inventeremo la macchina per viaggiare nel tempo, al popolo racconteremo bugie per chiedere perdono.

È mezzogiorno di una giornata piena di sole e adesso inizia la notte. Il popolo ascolta docile, non ha scelta. Io sto scrivendo queste parole, mi lavo la faccia con acqua fredda, e vado a dormire. Svegliatemi all'alba.

(traduzione a cura del Gruppo Logos)

 
 
 
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