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Noi saremo felici ma chissà quando

Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic.

Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini.

© Der Spiegel - La Repubblica.

COLONIA (4 GIUGNO)

Cara mamma,

non riesco a raggiungerti per telefono: le linee sono sempre occupate. Oggi sembra quasi che tutta Colonia stia comunicando con Belgrado. Nondimeno, desidero trascorrere, condividere questi momenti con te, perciò ho deciso di scriverti una lettera.

Cara la mia mammina, da qui mi sembra che tutto sia finito. Basta con le notti da trascorrere nei rifugi, basta con i rumori assordanti. Non si raccoglierà più l'acqua nei recipienti, né si vivrà a lume di candela. Non ci assalirà più il timore che la casa ci crolli addosso, non più cieli notturni con bagliori di fuoco né le orribili immagini di terrore nel Kosovo.

Da qui, mamma, dal mio punto di osservazione, sembra che tutto ciò sia ormai finito.

E tuttavia so che queste situazioni potrebbero rivelarsi illusorie. Lucidamente avverto la tua stessa paura, il timore che all'ultimo momento tutto possa ricominciare, che qualcuno ci abbia preso in giro, che l'accordo venga disatteso e le nostre vite ancora una volta mandate allo sbaraglio.

Allo stesso modo so ciò che mai mi avevi confidato, le conseguenze che gli ultimi mesi hanno provocato in te, in tutti noi. Il nostro paese è un cumulo di macerie; né tu né io abbiamo più il nostro lavoro. È impossibile dimenticare le notti di paura. Il peso della nostra responsabilità non ci abbandonerà mai. So che tu pensi a coloro ai quali, in forza della Legge, competevano gravi responsabilità, eppure ora, tranquilli e impuniti riescono a convivere con questa realtà, e continueranno così, anche in futuro, senza che nessuno chieda loro la resa dei conti. Dimenticheranno quello che hanno fatto, ordinato; storceranno il senso delle parole e affermeranno di essere sempre stati a favore della pace; la guerra sarà presto definita un "incidente", i massacri "un comportamento nervoso", i fuggiaschi "persone temporaneamente residenti all'estero" e i morti diventeranno "eroi", quei morti dell'una e dell'altra parte, di cui tutti dimenticheremo il volto.

Cara mamma, tu temi soprattutto ciò che ci aspetta. Nessuno ha soldi, le infrastrutture del paese sono distrutte, l'estate che sta per arrivare sarà molto difficile e il prossimo l'inverno, in queste condizioni, del tutto insopportabile.

Ma qui sento buone notizie: promettono molti soldi, molti investimenti per la ricostruzione del paese, un futuro roseo e una vita prospera. Avremo di tutto, mamma, ma bisognerà attendere. E noi ci saremo, mamma, ma dobbiamo pazientare. Dimentica le ingiustizie e tutto ciò che ci hanno fatto; a loro, a quelli che vivono nel Palazzo di Belgrado o di Washington o altrove, per vivere basta la consapevolezza del nostro perdono.

Ricordati che siamo rimasti ancora tutti insieme; la nostra famiglia è unita, vivremo vicini l'uno all'altro, ci faremo visita come tutte le famiglie normali; i nostri cuori batteranno all'unisono, trascorreremo insieme tempi buoni e cattivi, ma non saremo costretti a disperderci in diverse parti del mondo. So, mamma, che sei disgustata di tutto. So che è successo ciò che non doveva nemmeno iniziare, so che molti beni sono andati perduti per sempre..., ma lasciamo stare.

Sarò presto da te. Quando saremo insieme ci sarà più facile condividere la pace. Aspettami, mamma.

Tua figlia.

 
 
 
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